MASSICCIO CENTRALE FRANCESE
Il Massif Central (Massiccio Centrale) è un'ampia area collinosa-montuosa che occupa tutta la parte centrale della Francia. Molto più antico ed arrotondato, meno elevato rispetto alle due catene montuose principali del territorio francese (Alpi e Pirenei), è poco conosciuto al di fuori della Francia, o per lo meno qui in Italia; tuttavia, gode di un minimo di notorietà grazie alla corsa del Tour de France, che ogni anno lo attraversa con più tappe.
Nel 2014 tutta la famiglia (io, sorella e genitori) è stata invitata ad un matrimonio di due nostri amici francesi, che si sarebbe tenuto nella campagna vicino a Limoges in un giorno di inizio settembre. Questo ci ha fornito il pretesto per fare un bel giro nella Francia centrale, durato circa una settimana tra fine agosto ed inizio settembre. I primi giorni abbiamo fatto base a Mont-Dore, nel bel mezzo dell'omonimo massiccio montuoso (e a poca distanza dalla Catena dei Puys), e abbiamo visitato alcune delle montagne più note e importanti del Massiccio Centrale; i giorni successivi ci siamo invece spostati nella collinosa regione del Périgord, ricca di graziosi paesini, curiosi fenomeni carsici e importanti testimonianze preistoriche, facendo base a Sarlat-la-Canéda.
Ai tempi il presente sito non esisteva ancora, e sto scrivendo questo racconto a quasi tre anni e mezzo di distanza dal viaggio. Per questo la mia memoria non è così fresca, e non sempre mi ricordo tutti i particolari delle nostre scorribande. Per compilare questa lista (spero) completa dei luoghi visitati ci ho messo un po':
Nel 2014 tutta la famiglia (io, sorella e genitori) è stata invitata ad un matrimonio di due nostri amici francesi, che si sarebbe tenuto nella campagna vicino a Limoges in un giorno di inizio settembre. Questo ci ha fornito il pretesto per fare un bel giro nella Francia centrale, durato circa una settimana tra fine agosto ed inizio settembre. I primi giorni abbiamo fatto base a Mont-Dore, nel bel mezzo dell'omonimo massiccio montuoso (e a poca distanza dalla Catena dei Puys), e abbiamo visitato alcune delle montagne più note e importanti del Massiccio Centrale; i giorni successivi ci siamo invece spostati nella collinosa regione del Périgord, ricca di graziosi paesini, curiosi fenomeni carsici e importanti testimonianze preistoriche, facendo base a Sarlat-la-Canéda.
Ai tempi il presente sito non esisteva ancora, e sto scrivendo questo racconto a quasi tre anni e mezzo di distanza dal viaggio. Per questo la mia memoria non è così fresca, e non sempre mi ricordo tutti i particolari delle nostre scorribande. Per compilare questa lista (spero) completa dei luoghi visitati ci ho messo un po':
- 25 agosto: Roche Sanadoire, Puy de Dôme e Lac de Servières
- 26 agosto: Lac Pavin, Puy de Montchal, Lac Chauvet e Puy de la Tache
- 27 agosto: Puy de Sancy
- 28 agosto: Domme, Jardins de Marqueyssac e Beynac-et-Cazenac
- 29 agosto: Grotte du Grand Roc, Périgueux, Brantôme e Dolmen de la Pierre Levée
- 30 agosto: Grotte de Rouffignac
- 31 agosto-1° settembre: Avignone
Lunedì 25 agosto 2014
Roche Sanadoire
Difficoltà: EE
Dislivello in salita: circa 100 m
Lunghezza percorso: 1 km (A/R)
Dislivello in salita: circa 100 m
Lunghezza percorso: 1 km (A/R)
Il viaggio automobilistico da Genova a Mont-Dore è lungo circa 730 km. A me i viaggi piacciono veramente tanto, ma per qualche diavolo di motivo li soffro molto dal punto di vista fisico: quando ero andato a Londra qualche anno prima ero sbarcato dall'aereo con la febbre alta, e quando andrò a Tenerife qualche anno dopo il problema sarà più o meno lo stesso. Così, dopo quei 730 km di automobile, entro nella stanza d'albergo con 38 di febbre e una forte nausea, bel preludio ad una notte infernale. La mattina dopo la situazione non è particolarmente migliorata, però sono ben consapevole di avere solo tre giorni per visitare questo spicchio di Massiccio Centrale nel modo più dettagliato possibile. Non se ne parla di perdere un'intera giornata a causa di una stupida febbriciattola. Così partiamo alla volta del Puy de Dôme, meta prescelta per la giornata.
Già il giorno prima avevo notato dall'automobile due curiose strutture rocciose poste nelle vicinanze della strada asfaltata a nord di Mont-Dore. Si trattava della Roche Sanadoire (1293 m) e della sua gemella Roche Tuilière (1288 m), affioramenti di spettacolari basalti colonnari, posti come due guardiani ai lati della bucolica valletta del Ruisseau de Fontsalade. Avevo anche notato, sempre dalla strada, che la Roche Sanadoire sembrava essere salita da un sentierino; vista la vicinanza con la strada asfaltata andare in cima doveva essere questione di un quarto d'ora.
Già il giorno prima avevo notato dall'automobile due curiose strutture rocciose poste nelle vicinanze della strada asfaltata a nord di Mont-Dore. Si trattava della Roche Sanadoire (1293 m) e della sua gemella Roche Tuilière (1288 m), affioramenti di spettacolari basalti colonnari, posti come due guardiani ai lati della bucolica valletta del Ruisseau de Fontsalade. Avevo anche notato, sempre dalla strada, che la Roche Sanadoire sembrava essere salita da un sentierino; vista la vicinanza con la strada asfaltata andare in cima doveva essere questione di un quarto d'ora.
Per convincere me stesso del fatto che sono in buone condizioni fisiche, convinco la famiglia a fermarci e a fare una breve puntata a visitare il roccione. Sembrano tutti abbastanza d'accordo (su mia sorella non ci potrei giurare), ma mio padre mette già in chiaro che non salirà in vetta perchè troppo vertiginosa. Così ci incamminiamo, ma non sto particolarmente bene e mi sento piuttosto debole.
Il sentiero che abbiamo seguito prende origine da una stradina asfaltata che scende giù dal Col de Guéry. Il primo tratto è praticamente in piano nel fitto del bosco, e porta alla selletta subito a est del roccione. Da lì prende origine un sentierino ripidissimo, interrotto da numerosi passi dove bisogna mettere le mani per terra, che in pochi minuti porta sulla cima della Roche Sanadoire. Il panorama è molto aereo, e si spinge fino al Puy de Dôme; inoltre la giornata promette molto bene, con cielo terso e aria molto limpida. La vista frontale sui basalti colonnari della Roche Tuilière è assolutamente spettacolare.
Dopo una breve permanenza sulla cima (dove sembra esserci uno scavo artificiale: probabilmente era un'antica postazione di vedetta), ritorniamo alla selletta dove ci aspetta mio padre. In breve siamo all'automobile e ripartiamo alla volta del Puy de Dôme.
Puy de Dôme
Difficoltà: T
Dislivello in salita: 570 m circa
Lunghezza percorso: 5,5 km (sola andata)
Dislivello in salita: 570 m circa
Lunghezza percorso: 5,5 km (sola andata)
Il Puy de Dôme (1465 m) è probabilmente la cima più famosa dell'intero Massiccio Centrale, per vari motivi: prima di tutto la sua forma a coppetta rovesciata e il suo spiccare sulle altre cime della Catena dei Puys lo rendono inconfondibile; inoltre la presenza di una strada asfaltata che arriva in cima (oggi chiusa al traffico) lo ha reso per anni un classico arrivo in salita del Tour de France.
La Catena dei Puys propriamente detta si estende a ovest di Clermont-Ferrand, allungata da sud a nord per circa 40 km. È costituita da una sessantina di edifici vulcanici (coni di cenere, duomi di lava e maar) allineati, che si sono formati tra 2 milioni e 6000 anni fa. Molte di queste montagnole, pur essendo oggi ricoperte dalla vegetazione, conservano perfettamente la struttura regolare e anche il cratere sommitale. Il Puy de Dôme è l'edificio vulcanico più grande della catena: sovrasta di almeno 200 metri i piccoli coni che lo circondano. Vista la sua prominenza è da sempre stato un punto di riferimento anche religioso, prima per gli antichi Galli, poi per i Romani (in vetta si trovano le rovine di un tempio dedicato a Mercurio, scoperto nel 1873).
La vetta della montagna non è caratterizzata da un cratere, a differenza di molti coni nelle vicinanze. È invece costituita da un largo pianoro inclinato, sul cui punto culminante si trovano un ripetitore ed un laboratorio di fisica. La cima della montagna è deturpata da tutti gli edifici che vi trovano posto, e come molte altre mete turistiche francesi è stata eccessivamente "urbanizzata" e aggredita da interventi antropici. Tuttavia merita certamente una salita, sia per la particolarità di questo vulcano, sia per il panorama vastissimo che si osserva dalla vetta. Oggi, con la chiusura della strada asfaltata d'accesso, si può arrivare in cima a piedi (da più versanti) oppure usufruendo della "Panoramique des Dômes", una suggestiva ferrovia a cremagliera costruita nel 2012 sulla vecchia strada asfaltata.
La Catena dei Puys propriamente detta si estende a ovest di Clermont-Ferrand, allungata da sud a nord per circa 40 km. È costituita da una sessantina di edifici vulcanici (coni di cenere, duomi di lava e maar) allineati, che si sono formati tra 2 milioni e 6000 anni fa. Molte di queste montagnole, pur essendo oggi ricoperte dalla vegetazione, conservano perfettamente la struttura regolare e anche il cratere sommitale. Il Puy de Dôme è l'edificio vulcanico più grande della catena: sovrasta di almeno 200 metri i piccoli coni che lo circondano. Vista la sua prominenza è da sempre stato un punto di riferimento anche religioso, prima per gli antichi Galli, poi per i Romani (in vetta si trovano le rovine di un tempio dedicato a Mercurio, scoperto nel 1873).
La vetta della montagna non è caratterizzata da un cratere, a differenza di molti coni nelle vicinanze. È invece costituita da un largo pianoro inclinato, sul cui punto culminante si trovano un ripetitore ed un laboratorio di fisica. La cima della montagna è deturpata da tutti gli edifici che vi trovano posto, e come molte altre mete turistiche francesi è stata eccessivamente "urbanizzata" e aggredita da interventi antropici. Tuttavia merita certamente una salita, sia per la particolarità di questo vulcano, sia per il panorama vastissimo che si osserva dalla vetta. Oggi, con la chiusura della strada asfaltata d'accesso, si può arrivare in cima a piedi (da più versanti) oppure usufruendo della "Panoramique des Dômes", una suggestiva ferrovia a cremagliera costruita nel 2012 sulla vecchia strada asfaltata.
La nostra intenzione sarebbe salire in vetta a piedi: tra l'altro mio padre c'era già stato qualche anno prima, e si ricordava qualcosa del sentiero per arrivarci. Peccato che, arrivando in loco, le indicazioni praticamente ci costringano a piazzare la macchina nel gigantesco parcheggio presso la stazione di partenza della Panoramique des Dômes. Mio padre non si ricordava bene da dove fosse partito la volta prima, e più avanti la strada sembra essere chiusa alle automobili; per questo ci fidiamo dei cartelli e andiamo nel parcheggione. In realtà, come abbiamo capito dopo, mio padre era partito dal Col de Ceyssat, che è molto più vicino alla cima della montagna.
Visto che il luogo non sembra familiare all'inizio non capiamo bene dove andare, ma una breve ricerca su Google Maps (grazie al mio potentissimo Nokia Lumia, comprato la settimana prima e scelto perchè era ad un prezzo stracciato) mi chiarisce le idee. Prendiamo un ampio sentiero che sale tranquillamente nel bosco, poi tagliamo più ripidamente verso ovest per arrivare alla sella di le Traversin (1116 m); si tratta di un pratone pianeggiante che divide il Puy de Dôme da altri puys minori che si trovano a nord. Dal Traversin si gira bruscamente verso sud, sul sentiero che sale nel bosco contornando la piccola depressione del Nid de la Poule, e sbucando all'aperto su un piccolo altopiano ai piedi dell'edificio sommitale del Puy de Dôme. Già da questo punto il panorama è stupendo.
Attraversato il suggestivo altopiano di erba e arbusti, il sentiero inizia a salire più ripido, in direzione dell'evidente stradina asfaltata oggi percorsa dalle rotaie del trenino a cremagliera. Questo tratto è stato "attrezzato" a prova di scemo: al posto del sentiero a fondo sterrato si trova un camminamento scalinato col fondo in legno, con tanto di ringhiere di corda (il tutto per "facilitare" un sentiero che sarebbe già comodissimo di per sé... bah). Curiosamente, se nella prima parte del percorso ero abbastanza debole, qui sento una scarica di energia e riprendo un ritmo camminatorio accettabile. Sbucati sulla stradina, basta seguirla nel suo ultimo semicerchio attorno alla cima della montagna per accedere all'ampio pianoro sommitale.
Arrivati al pianoro sommitale, sembra di essere entrati in una città. La folla è impressionante, e ci sono ovunque costruzioni di ogni genere: dalla stazione meteo che occupa il punto culminante con la sua gigantesca antenna alla stazione d'arrivo della Panoramique des Dômes. Le interessantissime rovine del Tempio di Mercurio, uniche testimoni di storia passata, sembrano quasi soffocare in mezzo a tutto il resto. Eppure, passiamo molto tempo a gironzolare per il pianoro sommitale, in modo da osservare bene il vastissimo panorama: i vicini Puys con i loro crateri coperti da prati e boschetti, l'ampia conca di Clermont-Ferrand, la catena dei Monts Dore, le distese collinari che si perdono verso il nord-ovest francese... Tutto questo vale certamente il prezzo del biglietto.
Visto il mio stato fisico ancora un po' traballante, decidiamo di scendere con il trenino a cremagliera (con immensa gioia di mia sorella). Anche il trenino si rivela un'esperienza interessante, visto il percorso a spirale che compie intorno al cono della montagna; permette quindi di osservare ancora meglio il panorama in tutte le direzioni. Ritornati al parcheggio, ripartiamo in automobile verso l'ultima destinazione della giornata.
Lac de Servières
Meta automobilistica.
Il Lac de Servières si trova nei pressi della località omonima, all'estremità settentrionale dei Monts Dore. È abbastanza vicino alla zona della Roche Sanadoire, quindi alla strada principale d'accesso a le Mont-Dore, ed è raggiungibile direttamente in automobile; per questo la mia proposta di andare a visitarlo non incontra pareri sfavorevoli.
Il lago si trova ad una quota di 1202 metri, ed ha una forma perfettamente circolare; la sua conca è poco incavata, compresa tra dolcissime gobbe di erba e boschi di conifere poco a nord rispetto al Puy de Combe Perret e al Puy de l'Aiguillier. Non è particolarmente grande: si estende per 150.000 mq e raggiunge la profondità massima di 26 metri. Occupa un cratere tondeggiante originatosi per violente eruzioni freatomagmatiche, cioè date dall'interazione tra magma e una falda acquifera in pressione. Questi crateri (e i laghetti che spesso sono in essi contenuti) vengono chiamati maar; il termine proviene dal Massiccio dell'Eifel, situato nella Germania occidentale verso il confine con il Belgio, dove essi sono particolarmente diffusi.
Il lago si trova ad una quota di 1202 metri, ed ha una forma perfettamente circolare; la sua conca è poco incavata, compresa tra dolcissime gobbe di erba e boschi di conifere poco a nord rispetto al Puy de Combe Perret e al Puy de l'Aiguillier. Non è particolarmente grande: si estende per 150.000 mq e raggiunge la profondità massima di 26 metri. Occupa un cratere tondeggiante originatosi per violente eruzioni freatomagmatiche, cioè date dall'interazione tra magma e una falda acquifera in pressione. Questi crateri (e i laghetti che spesso sono in essi contenuti) vengono chiamati maar; il termine proviene dal Massiccio dell'Eifel, situato nella Germania occidentale verso il confine con il Belgio, dove essi sono particolarmente diffusi.
Quindi, giornata pienamente soddisfacente: spettacolare e impervia la Roche Sanadoire, caratteristico e panoramicissimo il Puy de Dôme, bucolico il Lac de Servières. Eppure mi sembra di avere perso un'occasione: in particolare mi sarebbe piaciuto moltissimo fare una deviazione per visitare il cratere del Puy Pariou, o i laghi naturali di Aydat e di La Cassière; deviazioni a cui ho rinunciato in partenza a causa della malattia. Peccato, ma già dal giorno dopo mi sono rifatto pienamente.
Martedì 26 agosto 2014
Lac Pavin e Puy de Montchal
Difficoltà: T/E
Dislivello in salita: 200 m circa
Lunghezza percorso: 5 km circa
Dislivello in salita: 200 m circa
Lunghezza percorso: 5 km circa
Il Lac Pavin è il più famoso dei laghi naturali dell'Alvernia. Si trova poco a sud-est rispetto ai Monts Dore, abbastanza vicino alla nota località sciistica di Super-Besse. Analogamente al Lac de Servières, è un lago di maar, e rappresenta il più giovane edificio vulcanico dell'intera Francia: le eruzioni che hanno formato il cratere risalgono a circa 6900 anni fa, quindi sono posteriori anche alla formazione della Catena dei Puys. È un lago discretamente esteso (440.000 mq), piuttosto profondo (92 m al massimo) e, soprattutto, bellissimo; visitandolo si capisce bene perchè è il più famoso della regione.
È quasi perfettamente circolare, e giace in una conca piuttosto incavata, dai fianchi ripidi e coperti da una suggestiva foresta mista; le acque sono di un bel colore azzurro, placide ma dall'aspetto vagamente minaccioso (tant'è vero che il toponimo "pavin" vuol dire "terribile, malvagio"). Si tratta inoltre di un lago meromittico, il che vuol dire che le sue acque si rimescolano solo fino ad una certa profondità; al di sotto di questa profondità, che per il Lac Pavin è circa sui 60 metri, le acque sono immobili e anossiche, ricche di anidride carbonica, metano, acido solfidrico e azoto. Se per qualche motivo si dovesse turbare improvvisamente l'equilibrio del lago, un'eventuale degassazione (chiamata "eruzione limnica") potrebbe essere assai pericolosa. Insomma, il Lac Pavin deve essere sicuramente una meta fissa nel caso si passi qualche giorno di vacanza nella zona.
Tutt'intorno al lago esiste una fitta rete di sentieri, che si addentrano poi nella foresta e si spingono fino alla sovrastante vetta del Puy de Montchal (1407 m). Questo piccolo edificio vulcanico trachi-basaltico, il cui fianco settentrionale è squarciato dal cratere del Lac Pavin, conserva ancora un piccolo cratere sommitale; una piccola conca erbosa che si apre nel fitto del bosco che lo avvolge. Dovrebbe esserci anche un gran panorama dalla vetta; purtroppo però la nostra visita è capitata in un giorno decisamente nebbioso, e si vedeva a mala pena Super-Besse. In ogni caso, già che si è al Lac Pavin vale la pena di gironzolare anche intorno al Puy de Montchal: tutto l'anello prende poco più di un'ora.
È quasi perfettamente circolare, e giace in una conca piuttosto incavata, dai fianchi ripidi e coperti da una suggestiva foresta mista; le acque sono di un bel colore azzurro, placide ma dall'aspetto vagamente minaccioso (tant'è vero che il toponimo "pavin" vuol dire "terribile, malvagio"). Si tratta inoltre di un lago meromittico, il che vuol dire che le sue acque si rimescolano solo fino ad una certa profondità; al di sotto di questa profondità, che per il Lac Pavin è circa sui 60 metri, le acque sono immobili e anossiche, ricche di anidride carbonica, metano, acido solfidrico e azoto. Se per qualche motivo si dovesse turbare improvvisamente l'equilibrio del lago, un'eventuale degassazione (chiamata "eruzione limnica") potrebbe essere assai pericolosa. Insomma, il Lac Pavin deve essere sicuramente una meta fissa nel caso si passi qualche giorno di vacanza nella zona.
Tutt'intorno al lago esiste una fitta rete di sentieri, che si addentrano poi nella foresta e si spingono fino alla sovrastante vetta del Puy de Montchal (1407 m). Questo piccolo edificio vulcanico trachi-basaltico, il cui fianco settentrionale è squarciato dal cratere del Lac Pavin, conserva ancora un piccolo cratere sommitale; una piccola conca erbosa che si apre nel fitto del bosco che lo avvolge. Dovrebbe esserci anche un gran panorama dalla vetta; purtroppo però la nostra visita è capitata in un giorno decisamente nebbioso, e si vedeva a mala pena Super-Besse. In ogni caso, già che si è al Lac Pavin vale la pena di gironzolare anche intorno al Puy de Montchal: tutto l'anello prende poco più di un'ora.
Come già accennato in precedenza, il giorno 26 agosto 2014 si presenta con freddo polare, nuvole basse e fitta pioggia; un tempo che certamente non invita ad uscire da casa. Ci mettiamo comunque in moto, anche se abbastanza tardi, con l'intenzione di fare un giro automobilistico: la meta prescelta è il Lac Pavin, il più bello e conosciuto tra i laghi dell'Alvernia. Scavalcando il Col de la Croix Morand il tempo non accenna a migliorare, e quando siamo nei pressi del Lac Pavin è ancora troppo brutto e piovoso per pensare di scendere dall'automobile e visitare il lago in maniera decente. Per questo decidiamo di andare a Super-Besse, l'adiacente località sciistica, tra le più famose del Massiccio Centrale. Avvolti dalla nebbia, i palazzoni stile Prato Nevoso e il laghetto attorno a cui sono costruiti assumono un'aria quasi spettrale, accentuata dal fatto che in giro non c'è assolutamente nessuno.
Solo dopo pranzo (causa pioggia battente abbiamo mangiato nell'automobile) smette di piovere, e allora ci avviamo cautamente verso il Lac Pavin. Stranamente, il parcheggio non si trova sulla riva del lago ma ben più in alto, sul ciglio della sponda sud-orientale. Dal parcheggio, un buon sentiero scende nel bosco per una sessantina di metri di dislivello, fino a portare sulla sponda del lago (1197 m). Il lago è uno spettacolo, la foresta è davvero suggestiva e il tempo sembra migliorare per un attimo; tranquillamente sorpassiamo il "porticciolo" presente sulla sponda settentrionale presso l'emissario e continuiamo a costeggiare lo specchio d'acqua.
Solo dopo pranzo (causa pioggia battente abbiamo mangiato nell'automobile) smette di piovere, e allora ci avviamo cautamente verso il Lac Pavin. Stranamente, il parcheggio non si trova sulla riva del lago ma ben più in alto, sul ciglio della sponda sud-orientale. Dal parcheggio, un buon sentiero scende nel bosco per una sessantina di metri di dislivello, fino a portare sulla sponda del lago (1197 m). Il lago è uno spettacolo, la foresta è davvero suggestiva e il tempo sembra migliorare per un attimo; tranquillamente sorpassiamo il "porticciolo" presente sulla sponda settentrionale presso l'emissario e continuiamo a costeggiare lo specchio d'acqua.
Ad un certo punto del costeggiamento si trova il bivio con il sentiero che sale verso il Puy de Montchal. Qui espongo la mia grande idea di giornata: si potrebbe fare un giretto ad anello salendo l'ardita cima e poi scendendo direttamente al parcheggio. Astutamente, evito di dire che non ho idea del percorso da fare perchè non ho cartine a portata di mano (ma avevo adocchiato qualcosa in un pannello sbiadito vicino al parcheggio), e faccio leva sul fatto che in cima c'è un cratere, quindi deve essere bellissimo. Mia sorella, da sempre principale oppositrice alle mie idee strampalate in fatto di escursioni, sembra non volerne sapere; alla fine riesco a convincere tutta la truppa dicendo che il giro sarà molto breve. Imbocchiamo quindi il sentiero in salita, che si allontana dal lago per infilarsi nel folto del bosco.
Senza troppe difficoltà mi oriento a naso tra i vari bivi e, nel giro di mezz'ora, arriviamo sulla cima del Puy de Montchal. Il tempo è peggiorato di nuovo: durante la salita è caduta qualche goccia di pioggia, il vento tira forte e le nuvole basse coprono gran parte del panorama. Peccato, perchè altrimenti la gita sarebbe stata godibilissima.
Scendiamo dall'altra parte in direzione del cratere ma, un po' per la nebbia che va e viene, un po' per la mancanza di cartine e indicazioni ai bivi, perdo la deviazione e quindi andiamo direttamente verso il parcheggio. In realtà, "direttamente" non è la parola più giusta: prendendo i vari bivi un po' a caso facciamo un giro piuttosto contorto, passando per il minuscolo stagno del Pisseporc, ma poi ci ritroviamo comunque sulla strada asfaltata nei pressi dell'automobile. Insomma, un'escursione un po' rocambolesca, ma di cui, nonostante il tempo, sono rimasto del tutto soddisfatto.
Lac Chauvet
Meta automobilistica
Il Lac Chauvet si trova a neanche dieci minuti di automobile dal Lac Pavin, ed è considerato come il suo "fratello maggiore". Si trova praticamente alla stessa quota (1163 m) ed è anch'esso un lago di maar dalla forma praticamente circolare. È un po' più grande (540.000 mq) ma lievemente meno profondo (86 m); se il Lac Pavin si trova chiuso tra ripide sponde coperte da una foresta dall'aspetto quasi nordico, il Lac Chauvet invece è adagiato tra dolcissime colline erbose: un ambiente molto più solare e aperto, ma meno selvaggio. Anche se non può sperare di competere con il suo "fratello", il Lac Chauvet è comunque un lago carino, e i due sono così vicini che è quasi un peccato non andarlo a visitare.
Puy de la Tache
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 230 m circa
Lunghezza percorso: 2,3 km (andata e ritorno)
Dislivello in salita: 230 m circa
Lunghezza percorso: 2,3 km (andata e ritorno)
Ultima meta di giornata, in realtà abbastanza casuale e non premeditata. Tornando dal Lac Chauvet, passiamo per Murol (dove c'è un suggestivo castello) e da Chambon (sulle sponde di un bel lago naturale) e scavalchiamo il Col de la Croix Morand per ritornare a Mont-Dore. Proprio nello scavalcare il Col de la Croix Morand, la nebbia sembra di nuovo aprirsi, quindi convinco i miei a fermarsi un attimo per farmi salire sul sovrastante Puy de la Tache. Spero almeno di approfittare di questa mini-finestra di tempo clemente per vedere un po' di panorama.
Il Puy de la Tache (1632 m) non è tra le vette più importanti o più conosciute dei Monts Dore, ma partendo da nord è la prima che supera i 1600 metri d'altezza. Per questo, è un punto panoramico di prim'ordine, e il panorama virtuale che si può ricostruire da questo sito lo conferma; dovrebbe essere molto bella la visuale sul sottile crinale erboso che prosegue verso sud verso il Puy de l'Angle e le vette più alte del Sancy. Questa montagna ha inoltre il pregio di essere proprio a portata di mano dalla strada asfaltata del Col de la Croix Morand: correndo un pochino, sono riuscito a fare avanti e indietro dalla cima in meno di venti minuti.
Il sentiero sale abbastanza decisamente con qualche tornante sul versante nord del Puy per raggiungerne il crinale. Il terreno vulcanico umido, l'erba scossa dal vento e le nuvole basse mi danno per un attimo l'illusione di essere tornato in Islanda.
Raggiunto il crinale, il sentiero sale per la ripida cresta fino all'ormai vicina vetta, dove si trovano una baracchetta in cemento e un cippo in legno con targhetta. Tempo di fare gli ultimi trenta metri di dislivello e la cima viene avvolta dalla nebbia; quando arrivo sul punto culminante della montagna la visibilità è di pochi metri. Un po' deluso, faccio dietro front e torno al Col de la Croix Morand in tempo record, per non fare aspettare troppo il resto della truppa. Ancora una volta il tempaccio mi ha fregato.
Mercoledì 27 agosto 2014
Puy de Sancy
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 630 m circa
Lunghezza itinerario: 8,8 km (anello)
Dislivello in salita: 630 m circa
Lunghezza itinerario: 8,8 km (anello)
Il Puy de Sancy (1885 m) è la vetta più alta dei Monts Dore e anche dell'intero Massiccio Centrale. Si innalza alla testata della valle della Dordogne (e dà i natali ai suoi due rami sorgentizi: la Dore e la Dogne) come un'aspra piramide di erba e rocce, con arditi speroni di trachiti e trachibasalti a caratterizzare tutti i suoi versanti. Vista la sua importanza, il panorama sconfinato che si osserva dalla vetta e la bellezza dell'ambiente, è giustamente una delle montagne più frequentate dell'intera Francia.
Come tutte le vette più importanti di questo settore di Massiccio Centrale, anche il Puy de Sancy è di origine vulcanica. In particolare, i Monts Dore sono costituiti da due edifici vulcanici principali, ormai smantellati dall'erosione. Il primo è il cosiddetto vulcano dell'Haute Dordogne, i cui resti si elevano a nord del centro turistico di Mont-Dore e sono rappresentati dalla Banne d'Ordanche, dal Puy de l'Aiguillier, dalla Roche Sanadoire, dalla Roche Tuilière e da altre vette minori; questo enorme stratovulcano si è formato tra 4,5 e 1,5 milioni di anni fa. Dopo circa 500.000 anni di inattività, è iniziata la formazione di un secondo enorme stratovulcano, denominato Vulcano di Sancy; la sua attività è cessata solo 250.000 anni fa. Questo secondo vulcano è oggi inciso profondamente dall'alta valle della Dordogne (tra l'altro approfondita dall'erosione glaciale) ed è rappresentato da quel grande anfiteatro di montagne che va dal Puy de la Tache al Capucin, passando per tutte le vette più alte dei Monts Dore. Il Puy de Sancy ne rappresenta l'apice geografico e il punto più alto, ma numerose altre anticime raggiungono quote di tutto rispetto: solo per nominare i più importanti, la Tour Carrée (1746 m), il Puy Redon (1781 m), il Puy Ferrand (1854 m), il Puy Gros (1793 m), il Puy de Cacadogne (1785 m) e il Puy de l'Aigle (1738 m).
Purtroppo, essendo una conosciuta meta turistica francese, anche il Puy de Sancy ha patito una certa "antropizzazione", per fortuna in parte impedita dall'asprezza dei suoi versanti. In particolare, parte del versante nord è aggredita dagli impianti di risalita della stazione sciistica di Mont-Dore e da una cabinovia aperta tutto l'anno: essa per fortuna non arriva in vetta, ma solo sullo spallone settentrionale, ad una quota di circa 1760 metri. Sul versante sud-est del Puy Ferrand si trova poi l'enorme comprensorio sciistico di Super-Besse, che è l'equivalente di Prato Nevoso nel Massiccio Centrale. Per fortuna, al di fuori di questi due disastri sciistici, il massiccio dei Monts Dore conserva angoli di incredibile bellezza selvaggia: la Val de Courre (lungo la quale siamo saliti per arrivare in vetta), il solitario circo glaciale della Fontaine Salée e la bellissima Vallée de Chaudefour, che ho potuto ammirare dalla cima del Puy Ferrand, ma che mi sarebbe piaciuto visitare anche dall'interno. Accidenti alla mancanza di tempo!
Come tutte le vette più importanti di questo settore di Massiccio Centrale, anche il Puy de Sancy è di origine vulcanica. In particolare, i Monts Dore sono costituiti da due edifici vulcanici principali, ormai smantellati dall'erosione. Il primo è il cosiddetto vulcano dell'Haute Dordogne, i cui resti si elevano a nord del centro turistico di Mont-Dore e sono rappresentati dalla Banne d'Ordanche, dal Puy de l'Aiguillier, dalla Roche Sanadoire, dalla Roche Tuilière e da altre vette minori; questo enorme stratovulcano si è formato tra 4,5 e 1,5 milioni di anni fa. Dopo circa 500.000 anni di inattività, è iniziata la formazione di un secondo enorme stratovulcano, denominato Vulcano di Sancy; la sua attività è cessata solo 250.000 anni fa. Questo secondo vulcano è oggi inciso profondamente dall'alta valle della Dordogne (tra l'altro approfondita dall'erosione glaciale) ed è rappresentato da quel grande anfiteatro di montagne che va dal Puy de la Tache al Capucin, passando per tutte le vette più alte dei Monts Dore. Il Puy de Sancy ne rappresenta l'apice geografico e il punto più alto, ma numerose altre anticime raggiungono quote di tutto rispetto: solo per nominare i più importanti, la Tour Carrée (1746 m), il Puy Redon (1781 m), il Puy Ferrand (1854 m), il Puy Gros (1793 m), il Puy de Cacadogne (1785 m) e il Puy de l'Aigle (1738 m).
Purtroppo, essendo una conosciuta meta turistica francese, anche il Puy de Sancy ha patito una certa "antropizzazione", per fortuna in parte impedita dall'asprezza dei suoi versanti. In particolare, parte del versante nord è aggredita dagli impianti di risalita della stazione sciistica di Mont-Dore e da una cabinovia aperta tutto l'anno: essa per fortuna non arriva in vetta, ma solo sullo spallone settentrionale, ad una quota di circa 1760 metri. Sul versante sud-est del Puy Ferrand si trova poi l'enorme comprensorio sciistico di Super-Besse, che è l'equivalente di Prato Nevoso nel Massiccio Centrale. Per fortuna, al di fuori di questi due disastri sciistici, il massiccio dei Monts Dore conserva angoli di incredibile bellezza selvaggia: la Val de Courre (lungo la quale siamo saliti per arrivare in vetta), il solitario circo glaciale della Fontaine Salée e la bellissima Vallée de Chaudefour, che ho potuto ammirare dalla cima del Puy Ferrand, ma che mi sarebbe piaciuto visitare anche dall'interno. Accidenti alla mancanza di tempo!
Il mattino del terzo giorno a Mont-Dore non promette particolarmente bene: la fitta nuvolaglia del giorno prima è ancora lì e, anche se non piove, le cime più alte sono avvolte nella nebbia. In ogni modo, eravamo venuti a Mont-Dore apposta per salire sul Puy de Sancy, quindi andiamo in automobile fino al parcheggione della Station du Mont-Dore e ci mettiamo in cammino. Il percorso di salita che ho scelto è fatto in modo da evitare gli impianti di risalita: si infila nella solitaria Val de Courre e la risale completamente, poi segue l'affilato e roccioso crinale principale del massiccio fino alla sua vetta più alta.
La Val de Courre è un caratteristico vallone modellato dall'erosione glaciale, dal fondo piatto e dai versanti ripidi. Nel primo tratto un breve skilift ricorda la vincinanza della Station du Mont-Dore, ma poi la valle curva a sinistra e ci si ritrova in un altro mondo, solitario e di alta montagna: ripidi pendii erbosi dal suolo vulcanico scuro, con curiosi dirupi dalle forme più disparate e grandi pietraie ad interromperli. Sembra di essere finiti in un incrocio tra l'Appennino Tosco-Emiliano e l'Islanda.
Il sentiero percorre tranquillamente il fondo del vallone, poi ne risale la testata con una ripida serie di tornanti. Proprio in questo tratto il cielo miracolosamente si apre, regalando qualche minuto di sole; poi, come si era aperto, si richiude, e gli spuntoni rocciosi sui fianchi della Tour Carrée risaltano spettralmente nella nebbia.
Finalmente, dopo un'ora di cammino, guadagnamo il Col de Courre (1722 m), piccola sella che si apre sul crinale principale del massiccio dei Monts Dore. Il cielo è di nuovo del tutto coperto, ma almeno non siamo nella nebbia, e davanti a noi si spalanca un gran panorama sullo splendido circo glaciale della Fontaine Salée. Il Puy de Sancy, che da qui dovrebbe essere già visibile, è invece ancora coperto dalle nuvole.
Qui mi potrei sbizzarrire con le mie consuete deviazioni, ma mi trattengo per non stressare troppo il resto della famiglia. Rinuncio quindi alla Tour Carrée, ma decido di scavalcare il Puy Redon seguendo l'aereo crinale erboso, mentre gli altri proseguono lungo il sentiero segnalato che lo aggira sul versante sud. La piccola cima del Puy Redon è un buon punto panoramico: offre una spettacolare veduta aerea della Val de Courre fino al suo sbocco nel vallone principale della Dordogne. Il tempo sembra essere in lento miglioramento: aperture sempre più grandi si spalancano tra i vari banchi di nuvole, velocemente spostati dal vento.
In pochi minuti mi ricongiungo al sentiero principale e alla famiglia, presso la selletta a est del Puy Redon. Qui inizia la parte più spettacolare del crinale, che si fa più aereo e sottile, irto di torrioni rocciosi: il sentiero prima lo percorre sul filo, con un unico passaggio su roccia che è talmente attrezzato (ringhiere di catene su entrambi i lati, gradini intagliati nella roccia) da risultare quasi più facile di tutto il resto del percorso. Poi ci si sposta a destra e taglia in diagonale fino all'ampia sella del Pas de l'Âne (1810 m circa); dal traverso appare finalmente alla vista la spettacolare piramide sommitale del Puy de Sancy, con i contorti dirupi trachitici e i friabili canaloni che ne caratterizzano il versante meridionale.
Raggiunto il Pas de l'Âne si è ormai nella "civiltà", a pochi passi dalla vetta. Qui infatti il percorso di crinale si congiunge con la mega-mulattiera iperturistica dal fondo pavimentato in legno che proviene dalla vicina stazione d'arrivo della funivia. Manca solo di superare l'ultima ripida salita (una scalinata in legno, abbastanza faticosa perchè i gradini sono alti e disuguali) e si è in cima al Puy de Sancy. Sul culmine si trova un terrazzino in legno circondato da ringhiere, al centro del quale una targhetta parecchio rovinata reca nome e quota della montagna, e proclama: "plus haute sommet du Massif Central". Manco a farlo apposta, appena arriviamo in cima, la montagna viene incappucciata da una fitta nebbia, con tanto di freddo gelido. Proprio quando stiamo per decidere di scendere giù, ecco che però le nuvole si aprono, lasciando liberi alcuni scorci dello sconfinato panorama che si potrebbe osservare da quassù.
Comunque, la sosta in vetta non si prolunga molto, e in pochi minuti siamo di nuovo in cammino verso la seconda e ultima meta della giornata: il Puy Ferrand. Se il Puy de Sancy è elegante e appuntito, il Puy Ferrand è un panettone erboso dalla cima ampia e piatta. Per raggiungerlo basta seguire un sentiero scomodo e scivoloso che arriva in fretta al Col de la Cabane (1785 m), quindi imboccare un'ampia traccia che, superato l'arrivo di due skilift, guida sul pianoro sommitale. Altri skilift del comprensorio di Super-Besse aggrediscono la sua anticima sud-est, chiamata Puy de la Perdrix. Comunque, il panorama è molto bello, e si può ammirare la Vallée de Chaudefour in tutto il suo splendore.
Ritornati al Col de la Cabane, prendiamo la strada sterrata in direzione di Mont-Dore; essa attraversa il piccolo altopiano compreso tra il Puy de Sancy e il Pan de la Grange, da cui prendono origine i ruscelli della Dore e della Dogne, poi si abbassa con vari tornanti verso l'ormai vicina Station du Mont-Dore. Questo percorso è un po' monotono, e passa proprio accanto all'area sciistica di Mont-Dore, ma dai tornanti finali si ha una bella vista della Cascade de la Dore.
Nonostante il solito tempo ballerino, quella al Puy de Sancy è stata una bellissima gita, forse la più bella di questa settimana nel Massiccio Centrale. In particolare, come avrete capito, il percorso di salita è spettacolare, e non deve mancare nella lista se si passa qualche tempo in questi luoghi. Arrivati alla macchina, abbiamo già tutti i bagagli pronti: ci aspetta un lungo trasferimento automobilistico verso la bassa valle della Dordogne per la seconda parte della vacanza. Mentre attraversiamo la Francia centrale il tempo si è ormai fatto bellissimo, così posso osservare prima il massiccio dei Monts Dore che si allontana, poi il massiccio del Cantal che sfila all'orizzonte. Moltissimi luoghi che mi piacerebbe visitare, prima o poi. Queste montagne, così "appenniniche", hanno lasciato nel mio animo di "appenninista" un grande desiderio di tornarci.
Giovedì 28 agosto 2014
La regione del Périgord è un luogo molto particolare. Si tratta di un vasto altopiano calcareo, caratterizzato da un dedalo di collinette, boschi, vallette secche, doline, falesie verticali e pianori che si estendono intorno all'ampia valle principale dove scorre la Dordogne; in qualche modo assomiglia al territorio del Finalese, anche se è molto più esteso e ha un aspetto meno tropicale. Nonostante non ci siano vette degne di nota (tutta l'area oscilla tra i 100 e i 300 metri di quota), le attrattive sono numerosissime. Prima di tutto, i paesi sono dei veri e propri gioielli: sono tenuti benissimo e conservano la pianta e l'architettura antica. Poi, ci sono le attrattive naturalistiche, in primis le innumerevoli grotte che si aprono all'interno di queste piccole colline boscose. Non bisogna dimenticare che quest'ultimo aspetto si intreccia con la presenza dell'uomo preistorico, che popolava gran parte di queste grotte: le famosissime Grotte di Lascaux, l'abris (riparo sotto roccia) di Cro-Magnon, dove sono state scoperte le tracce dell'uomo che ne porta il nome, la Grotte de Rouffignac... Insomma, di roba da vedere ce ne sarebbe moltissima, e abbiamo a disposizione solo tre giorni.
Per questi tre giorni facciamo base a Sarlat-la-Canéda che, come potete vedere dalle due foto qui sotto, è davvero un bel paesino. E, da quel poco che mi ricordo, si mangia molto bene.
Per questi tre giorni facciamo base a Sarlat-la-Canéda che, come potete vedere dalle due foto qui sotto, è davvero un bel paesino. E, da quel poco che mi ricordo, si mangia molto bene.
Domme
Prima tappa della giornata è il paesino medievale di Domme, che dista pochi minuti da Sarlat. Per via della sua posizione, Domme è spesso definito "acropoli del Perigord": si trova sulla sommità di una collina pianeggiante che a nord precipita con verticali falesie calcaree verso il fondovalle della Dordogne. Sul lato opposto invece la collina è molto più dolce, e si salda ad altri crinali che continuano verso sud.
Dopo aver visitato il paese, e avere osservato il panorama sulla Dordogne dall'orlo della falesia, abbiamo visitato la Grotte de la Halle: la grotta ha origine proprio all'interno del paese, e si sviluppa nelle viscere della sua collina. Durante la Guerra dei Cent'Anni e le guerre di religione, questa grotta fece da sicuro rifugio agli abitanti di Domme. Purtroppo, come in molte altre grotte, era vietato fare fotografie, quindi ora ne ho solo sbiaditi ricordi.
Dopo aver visitato il paese, e avere osservato il panorama sulla Dordogne dall'orlo della falesia, abbiamo visitato la Grotte de la Halle: la grotta ha origine proprio all'interno del paese, e si sviluppa nelle viscere della sua collina. Durante la Guerra dei Cent'Anni e le guerre di religione, questa grotta fece da sicuro rifugio agli abitanti di Domme. Purtroppo, come in molte altre grotte, era vietato fare fotografie, quindi ora ne ho solo sbiaditi ricordi.
Jardins de Marqueyssac
Ritornati in automobile ci dirigiamo verso ovest, attraversiamo il bellissimo paese di la Roque-Gageac e arriviamo alla seconda meta di giornata: i Jardins de Marqueyssac. Si tratta di un vasto parco, con annesso castello, che si sviluppa sulla cresta di un'altra collinetta a picco sulla Dordogne. Il castello venne costruito nel secolo XVII da Bertrand Vernet de Marqueyssac, consigliere di re Luigi XIV. Dopo essere passato di mano in mano e aver subito numerose modifiche, la grande villa rimase inoccupata per gran parte del '900, fino a che, nel 1996, Kleber Rossillon non la rimise a nuovo e non la aprì al pubblico turistico. Da allora, i giardini sono visitati da migliaia di persone ogni anno.
Attraverso i giardini si snodano numerose viuzze, che poi terminano presso un belvedere nel punto più alto del parco (circa 180 m). Il belvedere, affacciato sulla parete rocciosa che difende la collina a sud, offre una stupenda vista su la Roque-Gageac. Per gli amanti del brivido, sulla parete rocciosa è stata attrezzata una via ferrata in traverso lunga circa 200 metri.
Beynac-et-Cazenac
Ultimo paesino di giornata, Beynac-et-Cazenac è un altro stupendo borgo medievale (la prima menzione risale al 1115) che si estende al di sotto di una rocca calcarea a strapiombo sulla Dordogne. Sulla piatta cima della rocca si trova l'omonimo, imponente castello, da cui si gode di un vasto panorama. Parcheggiata l'auto alla base del paesino, abbiamo risalito le strette stradine tra le case fino al pianoro dietro al castello per ammirare il panorama. Per qualche motivo (non mi ricordo) non abbiamo visitato l'interno del castello, ma siamo tornati alla base.
Il resto del pomeriggio è stato speso per cercare il Dolmen de la Pierre du Diable, un fantomatico dolmen indicato addirittura sull'atlante stradale, e situato tra la Roque-Gageac e Sarlat-la-Canéda. Dopo avere fatto avanti e indietro quella strada almeno un centinaio di volte, abbiamo concluso con estrema delusione che il dolmen fosse un grosso lastrone di roccia poggiato per terra accanto ad uno spiazzo; neanche un piedistallo a tenerlo su, solo un roccione piatto poggiato per terra. Per questo non lo ho fotografato: per prima cosa non era un oggetto molto fotogenico, e in secondo luogo non sapevo neanche se era veramente il dolmen che stavamo cercando. La delusione è stata confermata quando, tornato in hotel, ho cercato il dolmen su google: era davvero quel lastrone appoggiato per terra.
Venerdì 29 agosto 2014
Grotte du Grand Roc
Le mete del secondo giorno si trovano nella regione del Périgord Blanc, abbastanza distanti dalla valle della Dordogne: sono Périgueux, città più importante della zona, e Brantôme, altra graziosa cittadina molto caratteristica di cui parlerò dopo. Una breve occhiata all'atlante stradale mi fa notare che, per arrivare a Périgueux, bisogna attraversare la valle della Vézère, che è senza dubbio la zona speleologicamente-archeologicamente più interessante dell'intero Périgord. La Vézère è un piccolo affluente della Dordogne, e la sua valle replica in piccolo le caratteristiche della valle principale: fondo pianeggiante, versanti ripidi costituiti da falesie di calcare o da intricate boscaglie e dolci altopiani boscosi nei dintorni. In questa valle si trovano numerosissime grotte e ripari sotto roccia (abri), frequentati dall'uomo preistorico: basti pensare a Lascaux, alla Grotte de Bernifal, alla Grotte de Rouffignac, all'Abri du Cro-Magnon... Di altri siti del genere ce n'è a palate, meno conosciuti, ma comunque segnalati sul prezioso atlante stradale.
Entrando nella valle della Vézère, per prima cosa passiamo dal paese di les Eyzies, oltre il quale la strada transita accanto all'Abri du Cro-Magnon. Non gli ho fatto foto perchè non è un sito molto fotogenico (alla fine è solo una rientranza sotto un lastrone di roccia), ma il fatto che proprio lì siano stati scoperti i primi resti dell'Uomo di Cro-Magnon fa emozionare. Proprio lui, quella forma di Homo sapiens che facevano studiare a scuola fin dalle elementari.
Poche centinaia di metri più in là si trova quella che ho scelto come prima destinazione di giornata: la bellissima Grotte du Grand Roc. Rispetto ad altri siti nella valle della Vézère è meno conosciuta, probabilmente perchè non era frequentata dall'uomo preistorico, ma è davvero suggestiva, forse ancora più interessante delle note mete turistiche circostanti. La grotta si apre ai piedi di una grande parete calcarea strapiombante (il Grand Roc, appunto), ed è stata scoperta nel 1924: in quell'anno Jean Maury, dopo aver notato una fessura nella roccia da cui sgorgava una sorgente, riuscì ad aprirsi a colpi di mina la via per la grotta. La cavità venne poi sistemata e aperta al pubblico nel 1927; da allora a oggi è visitabile accompagnati dalla guida.
Entrando nella valle della Vézère, per prima cosa passiamo dal paese di les Eyzies, oltre il quale la strada transita accanto all'Abri du Cro-Magnon. Non gli ho fatto foto perchè non è un sito molto fotogenico (alla fine è solo una rientranza sotto un lastrone di roccia), ma il fatto che proprio lì siano stati scoperti i primi resti dell'Uomo di Cro-Magnon fa emozionare. Proprio lui, quella forma di Homo sapiens che facevano studiare a scuola fin dalle elementari.
Poche centinaia di metri più in là si trova quella che ho scelto come prima destinazione di giornata: la bellissima Grotte du Grand Roc. Rispetto ad altri siti nella valle della Vézère è meno conosciuta, probabilmente perchè non era frequentata dall'uomo preistorico, ma è davvero suggestiva, forse ancora più interessante delle note mete turistiche circostanti. La grotta si apre ai piedi di una grande parete calcarea strapiombante (il Grand Roc, appunto), ed è stata scoperta nel 1924: in quell'anno Jean Maury, dopo aver notato una fessura nella roccia da cui sgorgava una sorgente, riuscì ad aprirsi a colpi di mina la via per la grotta. La cavità venne poi sistemata e aperta al pubblico nel 1927; da allora a oggi è visitabile accompagnati dalla guida.
Dall'area di parcheggio, dove si trovano alcune graziose casette addossate alla parete strapiombante, una breve salita porta all'ingresso della grotta. Questa è davvero minuscola: gli ambienti sono piccoli, e il passaggio è scavato artificialmente, perchè altrimenti le persone dovrebbero strisciare. Comunque, si tratta di una grotta molto bella, il cui maggiore interesse sono le numerosissime concrezioni di ogni forma e dimensione: stalattiti, stalagmiti, i curiosi "triangoli", vaschette, cristalli... Sembra un giardino pietrificato in miniatura. Tra le concrezioni più belle, oltre ai già citati triangoli, ci sono la Madonna col Bambino e la Nike di Samotracia (così chiamata perchè ricorda molto da vicino la statua omonima). Tutte le concrezioni sono protette da reti, in modo che i visitatori non le tocchino; per fortuna è possibile fare foto all'interno della grotta: questo mi ha permesso di portarmi dietro qualche ricordo in più. Le più belle le metto qui sotto.
Insomma, per me che sono più interessato alle curiosità naturalistiche (o anche archeologiche), la Grotte du Grand Roc è fermamente al primo posto tra i luoghi visitati durante i tre giorni nel Périgord. Al massimo se la può battere con la Grotte de Rouffignac, di cui parlerò più tardi.
Périgueux
Périgueux, centro più importante del Périgord (è la città da cui tutta la regione prende il nome), non mi ha lasciato una grande impressione. Anzi, non me ne ha lasciato affatto: non mi ricordavo neanche di esserci stato, poi ho ritrovato quattro foto mie che ritraevano la cattedrale della città.
Brantôme
Invece, Brantôme è un vero gioiellino. Si trova ancora più a nord di Périgueux, nella valle della Dronne (un affluente dell'Isle, a sua volta affluente della Dordogne). La sua particolarità è proprio l'essere edificato su un'isola di 300 metri di diametro, circondata da due rami del fiume Dronne, che qui compie un'ansa verso sud. Viene da sé che sia l'acqua a fare da padrona a Brantôme, che per questa sua particolarità è spesso chiamato "la Venezia del Périgord". Il luogo è abitato fin dal neolitico, come testimonia il vicino Dolmen de la Pierre Levée; l'antica abbazia che si trova accanto al paese addossata al fianco della collina è invece stata edificata da Pipino il Breve nel 769.
Dolmen de la Pierre Levée
Circa 1 km a est rispetto a Brantôme si trova la piccola frazione di Peyrelevade. Proprio all'interno della frazione, in un'aiuola accanto ad una stradina secondaria, sorge il Dolmen de la Pierre Levée (detto anche Dolmen de Peyrelevade); un dolmen abbastanza grande e ben conservato da ripagare dalla delusione della Pierre du Diable. Il dolmen risale al neolitico, ed è di grandi dimensioni: il lastrone di copertura è lungo 5 metri, largo 2,90 e alto 1,40; poggia su tre ortostati alti più di un metro e mezzo. Per motivi di equilibrio, il gigantesco lastrone è sorretto anche da una colonnina realizzata recentemente, e nascosta alla meglio con un po' di edera.
Ad altri 3 km di distanza, tra i paesini di Valade e Condat-sur-Trincou, ci sarebbe un altro dolmen, anch'esso chiamato Dolmen de Peyrelevade (il che ha sempre scatenato una certa confusione). Non riesco a convincere il resto della famiglia, quindi non lo visitiamo e torniamo indietro verso Sarlat-la-Canéda. Poco male: ho poi cercato il dolmen su Google Immagini e non sembrava un gran che.
Sabato 30 agosto 2014
Grotte de Rouffignac
Terzo e ultimo giorno nel Périgord: dobbiamo fare i bagagli, andare via da Sarlat e trasferirci in una località campagnola vicino a Limoges, dove si terrà il ricevimento di matrimonio dei nostri amici. Parte della mattina viene passata ri-visitando il centro storico di Sarlat, poi facciamo i bagagli e partiamo un po' in anticipo. Questo perchè per andare a Limoges bisogna comunque attraversare la valle della Vézère, e già che ci siamo c'è l'occasione di visitare qualche altra grotta.
La scelta ricade sulla Grotte de Rouffignac che, come notorietà e frequentazione, è seconda solo a Lascaux nell'area della Vézère. La grotta in questione è molto lunga e ramificata, e per queste sue grandi dimensioni viene visitata mediante un trenino elettrico a 32 posti. Come morfologia la grotta non è spettacolare: è un lungo tunnel ramificato, praticamente privo di concrezioni, dalle pareti lisce e dal fondo caratterizzato da grandi accumuli sedimentari: il fiume che l'ha scavata doveva essere piuttosto importante. I grandi ambienti e le pareti lisce e regolari hanno però favorito la presenza dell'uomo preistorico, che le ha decorate con innumerevoli graffiti e disegni, raffiguranti i più svariati animali dell'epoca. Insomma, un vero spettacolo di arte figurativa preistorica; e, al contrario di Lascaux, questa non è un'imitazione, questi sono gli originali. Purtroppo all'interno della grotta i visitatori non hanno il permesso di scattare foto, quindi non ho niente da mettere qui. Tuttavia il viaggio in trenino nelle viscere della terra, le lunghe gallerie regolari e i numerosissimi disegni e graffiti mi hanno colpito così tanto che sarà difficile dimenticarli. Poi, se ho bisogno di rinfrescarmi la memoria, c'è sempre Google Immagini.
Terminata la visita, ci rimettiamo in viaggio verso la campagna di Limoges, dove passeremo la serata e la notte. Lungo la strada c'erano tantissime mucche, alcune con "pettinature" assai improbabili.
La scelta ricade sulla Grotte de Rouffignac che, come notorietà e frequentazione, è seconda solo a Lascaux nell'area della Vézère. La grotta in questione è molto lunga e ramificata, e per queste sue grandi dimensioni viene visitata mediante un trenino elettrico a 32 posti. Come morfologia la grotta non è spettacolare: è un lungo tunnel ramificato, praticamente privo di concrezioni, dalle pareti lisce e dal fondo caratterizzato da grandi accumuli sedimentari: il fiume che l'ha scavata doveva essere piuttosto importante. I grandi ambienti e le pareti lisce e regolari hanno però favorito la presenza dell'uomo preistorico, che le ha decorate con innumerevoli graffiti e disegni, raffiguranti i più svariati animali dell'epoca. Insomma, un vero spettacolo di arte figurativa preistorica; e, al contrario di Lascaux, questa non è un'imitazione, questi sono gli originali. Purtroppo all'interno della grotta i visitatori non hanno il permesso di scattare foto, quindi non ho niente da mettere qui. Tuttavia il viaggio in trenino nelle viscere della terra, le lunghe gallerie regolari e i numerosissimi disegni e graffiti mi hanno colpito così tanto che sarà difficile dimenticarli. Poi, se ho bisogno di rinfrescarmi la memoria, c'è sempre Google Immagini.
Terminata la visita, ci rimettiamo in viaggio verso la campagna di Limoges, dove passeremo la serata e la notte. Lungo la strada c'erano tantissime mucche, alcune con "pettinature" assai improbabili.
Domenica 31 agosto 2014 / Lunedì 1° settembre 2014
Avignone
Un post-scriptum alla vacanza, che non c'entra niente con il Massiccio Centrale, riguarda la nostra sosta in questa città ricca di arte e di storia, appollaiata su un groppo roccioso che si innalza sulle rive del Fiume Rodano. Una città che, quando sono stanco e distratto, confondo sempre con Savignone (dannati nomi simili!). In ogni caso, il succo è questo: il viaggio di ritorno da Limoges a Genova è molto lungo, e quindi decidiamo di allungarlo ancora di più passando dalla Costa Azzurra; così facendo, però, bisogna dividerlo in due tappe, passando la notte proprio ad Avignone.
Avignone è una città a due facce: il centro storico, con il famosissimo Palazzo dei Papi, è bellissimo e tenuto molto bene. Tutto quello che si trova al di fuori delle mura, invece, l'ho trovato sporco e desolante (anche abbastanza inquietante quando la sera tardi abbiamo dovuto tornare dal centro storico al nostro hotel, che si trova fuori dalle mura). In ogni caso, il centro storico e la passeggiata lungo il Rodano (dove si trova il rinomato "Ponte di Avignone") valgono il prezzo del biglietto.
Avignone è una città a due facce: il centro storico, con il famosissimo Palazzo dei Papi, è bellissimo e tenuto molto bene. Tutto quello che si trova al di fuori delle mura, invece, l'ho trovato sporco e desolante (anche abbastanza inquietante quando la sera tardi abbiamo dovuto tornare dal centro storico al nostro hotel, che si trova fuori dalle mura). In ogni caso, il centro storico e la passeggiata lungo il Rodano (dove si trova il rinomato "Ponte di Avignone") valgono il prezzo del biglietto.
La sera del 31 agosto ci siamo limitati a visitare il centro storico, mentre il mattino del 1° settembre abbiamo fatto la passeggiata lungo il Rodano. Siamo poi tornati al belvedere vicino al Palazzo dei Papi, da cui ho potuto scorgere in lontananza la massiccia mole del mitico Mont Ventoux. Un'altra delle grandi montagne che sono da sempre nella mia lista di luoghi da visitare.
Il viaggio di ritorno per Genova passa dai pressi di Marsiglia e poi segue tutta la costa meridionale della Francia. Mi permette quindi di vedere, anche se solo dall'automobile, una serie di luoghi che avevo già sentito nominare tante volte, ma che non avevo mai visto: le Alpilles, la Montagne Sainte-Victoire, la Montagne Sainte-Baume, l'Esterel, la Costa Azzurra, la Valle del Var... Luoghi che ancora oggi sono a me praticamente sconosciuti: l'unica volta che sono stato nel sud della Francia è stato per una "vacanza-studio" a Cap d'Ail, in terza elementare. Ho paura che la mia lista di cose da fare stia diventando troppo lunga rispetto al tempo che avrò sulla Terra per farle.
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