TENERIFE
Nella settimana tra il 30 settembre 2017 e il 7 ottobre 2017 un folto gruppo di aspiranti geologi (tra cui il sottoscritto) ha invaso l'isola di Tenerife per una vacanza di puro piacere. Non si può dire che sia andato tutto liscio, più che altro perchè la definizione di puro piacere variava molto all'interno del gruppo. Alla fine, però, penso che tutti ne siano usciti soddisfatti: abbiamo effettivamente visitato un sacco di luoghi pazzeschi, sia in automobile che a piedi, sfruttando praticamente tutto il tempo disponibile.
Comunque, il nostro hotel (o meglio, aparthotel, una specie di enorme abuso edilizio grande come un paesino e dotato di tutti i comfort, ma a basso prezzo) si trovava in Costa Adeje, nel sud-ovest dell'isola. Un posto assolutamente orrendo: insieme a Los Cristianos e Playa de las Americas, Costa Adeje forma un ininterrotto agglomerato di palazzoni, grattacieli, complessi residenziali e altre schifezze lungo una decina di chilometri e largo due. Per fortuna ci abbiamo passato pochissimo tempo: bastava uscire un attimo da questo enorme inferno pseudo-vacanziero per ritrovarsi in posti incantevoli. Ecco una lista dei luoghi che abbiamo visitato durante la settimana, per ognuno dei quali scriverò un racconto:
Comunque, il nostro hotel (o meglio, aparthotel, una specie di enorme abuso edilizio grande come un paesino e dotato di tutti i comfort, ma a basso prezzo) si trovava in Costa Adeje, nel sud-ovest dell'isola. Un posto assolutamente orrendo: insieme a Los Cristianos e Playa de las Americas, Costa Adeje forma un ininterrotto agglomerato di palazzoni, grattacieli, complessi residenziali e altre schifezze lungo una decina di chilometri e largo due. Per fortuna ci abbiamo passato pochissimo tempo: bastava uscire un attimo da questo enorme inferno pseudo-vacanziero per ritrovarsi in posti incantevoli. Ecco una lista dei luoghi che abbiamo visitato durante la settimana, per ognuno dei quali scriverò un racconto:
Puerto de Santiago e Los Gigantes
Giro automobilistico e balneare effettuato il 1° ottobre 2017
Il 30 settembre il nostro aereo era riuscito ad arrivare all'aeroporto di Tenerife Sud con qualche ora di ritardo, e tra una cosa e l'altra l'hotel lo avevamo raggiunto alle 23 passate. Quindi la prima occasione per fare qualcosa si è presentata il giorno dopo: siamo andati a visitare due spiagge sulla costa occidentale dell'isola, a una mezz'oretta di macchina da Costa Adeje.
La prima delle due, chiamata Playa de la Arena, si trova nel paese di Puerto de Santiago. Il paese in sé è un altro scempio, con grattacieloni, complessi residenziali, edifici abusivi non terminati e mezzi diroccati e quant'altro; la spiaggia, invece, anche se si trova proprio accanto alle case, è bellissima. Si tratta di una spiaggia vulcanica dalla sabbia nera, basaltica: tra i vari granelli si potevano trovare anche piccoli cristalli verdi di olivina e trasparenti di plagioclasio. La spiaggia è abbastanza protetta dalle correnti, riparata in una baia tra pittoresche scogliere nerastre alte una decina di metri. Il bagno nell'oceano è stato rilassante e rigenerante, ed è stato seguito da un lauto pranzo in un bar-ristorante lì vicino (se vi capita, provate la tortilla di gamberi).
A neanche 10 minuti di macchina da Puerto de Santiago, si trova il "paese" (in realtà un altro scempio) di Acantilados de los Gigantes, con il porticciolo omonimo. Ci troviamo qui all'estremità meridionale delle spettacolari scogliere di los Gigantes: il mare ha eroso profondamente l'edificio di un antichissimo vulcano a scudo, creando una fascia di falesie alte fino a 600-700 metri e lunga una decina di chilometri. Questa parte di costa è completamente disabitata e incontaminata, caratterizzata da numerose calette, poste allo sbocco di lunghi e spettacolari canyon detti "barrancos"; una di queste calette, la Playa de Masca, la visiteremo qualche giorno dopo. Per ora ci accontentiamo della Playa de Argel che, nonostante si trovi accanto al porticciolo, è pulitissima e posta in ambiente spettacolare: è sovrastata da queste enormi falesie di roccia vulcanica, tagliate da impressionanti dicchi verticali e obliqui.
Anche qui bagno nell'oceano e altre tipiche attività spiaggistiche, poi passeggiata per i vialetti del paese accanto al porticciolo, prima di riprendere l'automobile e tornare a casa.
Pico del Teide
Gita effettuata il 2 ottobre 2017
Difficoltà: E (EE l'ultima parte di ravanage)
Dislivello in salita: 163 m
Dislivello in discesa: circa 1400 m
Lunghezza percorso: 11 km
Difficoltà: E (EE l'ultima parte di ravanage)
Dislivello in salita: 163 m
Dislivello in discesa: circa 1400 m
Lunghezza percorso: 11 km
Mesi e mesi ad attendere e finalmente era arrivato il gran giorno, il giorno della salita al Teide. Il principale (se non l'unico) motivo per cui mi ero lasciato convincere ad andare a Tenerife. È stata una delle escursioni più spettacolari ed emozionanti della mia vita, e tutte le aspettative sono state soddisfatte, se non superate; insomma, il primo grande vulcano non si scorda mai.
Il Pico del Teide (3718 m) è la più alta montagna delle Canarie e anche dell'intera Spagna. Si tratta di un enorme stratovulcano dalla struttura abbastanza complessa, che cresce all'interno di un enorme caldera, detta Las Caňadas del Teide; la caldera, quel che rimane di un antichissimo vulcano a scudo collassato, ha un diametro di circa 15 km, e il suo fondo, riempito dalle colate laviche del Teide, si trova ad una quota compresa tra i 2100 e i 2300 metri. L'edificio del Teide è formato da due coni principali: il Teide vero e proprio, e il Pico Viejo (3134 m), cono secondario dall'enorme cratere sommitale. Il cono principale del Teide, a sua volta, è composito: il cono sommitale cresce dentro al cratere della Rambleta, di cui non si percepisce più la presenza se non per un minimo accenno di altopiano nei pressi della stazione d'arrivo della funivia.
Il Teide è un vulcano attivo, anche se da molto tempo l'attività vulcanica è concentrata su bocche secondarie dell'enorme edificio vulcanico. L'ultima eruzione dalla bocca principale è avvenuta nell'850; oggi l'attività è esplicitata solo dalle numerose fumarole di zolfo che sboccano dai fianchi del cratere sommitale. L'ultima eruzione del complesso principale è invece avvenuta nel 1798 da una bocca sul versante sud-ovest del Pico Viejo – che, nonostante il nome, è più giovane del cono principale del Teide. Da quel momento l'attività si è spostata nella zona del Santiago Rift, un insieme di conetti vulcanici che emergono sul versante nord-ovest del complesso a quote tra i 1300 e i 1900 metri, nei pressi di Santiago del Teide. Dal 1909, anno dell'ultima eruzione in assoluto nell'isola di Tenerife, il Teide è dormiente; tuttavia è tenuto sotto osservazione dagli scienziati, in quanto potrebbe eruttare in modo violento e pericoloso nel futuro. Proprio per la sua potenziale pericolosità, il Teide è uno dei sedici "Decade Volcanoes", vulcani minacciosi osservati con particolare rigore (tra gli altri Decade Volcanoes ci sono il Vesuvio, l'Etna, il Merapi, il Mauna Loa, il Colima, il Rainier, l'Unzen... insomma, tutti nomi abbastanza noti).
Comunque, finchè se ne sta tranquillo, il Teide è una montagna spettacolare raggiungibile senza troppo sforzo dal normale escursionista, ed è per questo frequentatissimo in tutte le stagioni: il Parco Nazionale del Teide è il parco nazionale più visitato d'Europa. A dire il vero, per arrivare in cima ci vuole un permesso speciale gratuito, che si ottiene andando sulla pagina apposita del sito del parco nazionale; visto che ci sono solo 200 posti disponibili al giorno, questi permessi vanno esauriti abbastanza presto: per andarci il 2 ottobre ho fatto il permesso a giugno, e già allora non è che avanzassero tutti quei posti... Senza permesso sono comunque percorribili tutti gli altri sentieri del Parco, di cui i più frequentati sono sicuramente quelli che si dipartono dalla stazione d'arrivo della funivia del Teide: uno conduce al punto panoramico sul Pico Viejo, l'altro al Mirador de la Fortaleza, altro punto panoramico sulla parte orientale di Tenerife.
Il Pico del Teide (3718 m) è la più alta montagna delle Canarie e anche dell'intera Spagna. Si tratta di un enorme stratovulcano dalla struttura abbastanza complessa, che cresce all'interno di un enorme caldera, detta Las Caňadas del Teide; la caldera, quel che rimane di un antichissimo vulcano a scudo collassato, ha un diametro di circa 15 km, e il suo fondo, riempito dalle colate laviche del Teide, si trova ad una quota compresa tra i 2100 e i 2300 metri. L'edificio del Teide è formato da due coni principali: il Teide vero e proprio, e il Pico Viejo (3134 m), cono secondario dall'enorme cratere sommitale. Il cono principale del Teide, a sua volta, è composito: il cono sommitale cresce dentro al cratere della Rambleta, di cui non si percepisce più la presenza se non per un minimo accenno di altopiano nei pressi della stazione d'arrivo della funivia.
Il Teide è un vulcano attivo, anche se da molto tempo l'attività vulcanica è concentrata su bocche secondarie dell'enorme edificio vulcanico. L'ultima eruzione dalla bocca principale è avvenuta nell'850; oggi l'attività è esplicitata solo dalle numerose fumarole di zolfo che sboccano dai fianchi del cratere sommitale. L'ultima eruzione del complesso principale è invece avvenuta nel 1798 da una bocca sul versante sud-ovest del Pico Viejo – che, nonostante il nome, è più giovane del cono principale del Teide. Da quel momento l'attività si è spostata nella zona del Santiago Rift, un insieme di conetti vulcanici che emergono sul versante nord-ovest del complesso a quote tra i 1300 e i 1900 metri, nei pressi di Santiago del Teide. Dal 1909, anno dell'ultima eruzione in assoluto nell'isola di Tenerife, il Teide è dormiente; tuttavia è tenuto sotto osservazione dagli scienziati, in quanto potrebbe eruttare in modo violento e pericoloso nel futuro. Proprio per la sua potenziale pericolosità, il Teide è uno dei sedici "Decade Volcanoes", vulcani minacciosi osservati con particolare rigore (tra gli altri Decade Volcanoes ci sono il Vesuvio, l'Etna, il Merapi, il Mauna Loa, il Colima, il Rainier, l'Unzen... insomma, tutti nomi abbastanza noti).
Comunque, finchè se ne sta tranquillo, il Teide è una montagna spettacolare raggiungibile senza troppo sforzo dal normale escursionista, ed è per questo frequentatissimo in tutte le stagioni: il Parco Nazionale del Teide è il parco nazionale più visitato d'Europa. A dire il vero, per arrivare in cima ci vuole un permesso speciale gratuito, che si ottiene andando sulla pagina apposita del sito del parco nazionale; visto che ci sono solo 200 posti disponibili al giorno, questi permessi vanno esauriti abbastanza presto: per andarci il 2 ottobre ho fatto il permesso a giugno, e già allora non è che avanzassero tutti quei posti... Senza permesso sono comunque percorribili tutti gli altri sentieri del Parco, di cui i più frequentati sono sicuramente quelli che si dipartono dalla stazione d'arrivo della funivia del Teide: uno conduce al punto panoramico sul Pico Viejo, l'altro al Mirador de la Fortaleza, altro punto panoramico sulla parte orientale di Tenerife.
Quindi veniamo a noi: il biglietto della funivia (Teleferico del Teide) che ho comprato su internet è per la corsa delle 9, e su quel sito c'era un sacco di terrorismo psicologico sul fatto che, se non si arriva un bel po' prima, si rischia di non trovare posto nel parcheggio. Per questo sveglia presto e, dopo un'ora abbondante di macchina, siamo al parcheggio poco dopo le 8.30. Il sole è appena sorto, e le ombre sono lunghe sul grande altopiano multicolore della caldera del Teide.
La funivia parte da quota 2357 e deposita a quota 3555, presso il piccolo altopiano di La Rambleta. Quando si esce all'aperto il mix di mancanza d'ossigeno e sole intenso dà una bella botta, quindi urge un attimo di pausa per "acclimatarsi". Il panorama è già stupendo: al di sotto di un grande mare di nuvole spuntano piccoli lembi d'oceano, mentre l'ampia sagoma della Gran Canaria si staglia scura in controluce. Tutto intorno si stende il pianoro di la Rambleta, costituito da tormentatissime rocce nerastre, mentre subito a monte si innalza il cono sommitale del Teide, di colore più chiaro.
Sul retro dell'edificio dei bagni ha inizio il Telesforo Bravo Trail, cioè il percorso che porta in vetta al vulcano. Il sentiero è difeso da un cancelletto e da una guardia del Parco dall'aspetto poco minaccioso. Gli facciamo vedere i nostri permessi, lui si raccomanda di non scendere nel cratere del Teide e di ritornare a la Rambleta entro un'ora e quaranta minuti. La salita è breve ma intensa: il sentiero è comodissimo, ripido ma scalinato e ottimamente sistemato, e il dislivello è solo di 160 metri, ma ovviamente si va arrancando piano piano. Ad un certo punto si sbuca sull'orlo del piccolo cratere sommitale, sfondato sul lato meridionale; qui si viene investiti dall'ondata di caldo e dall'odore caratteristico delle fumarole di zolfo; tutta la cima del vulcano è caratterizzata da queste fumarole, e dai bellissimi cristalli gialli di zolfo che crescono sulle rocce.
Le ultime decine di metri di salita seguendo l'orlo del cratere e siamo sulle rocce che costituiscono la vetta del Pico del Teide, a 3718 metri di quota; stranamente non c'è nessun segnale a indicare la vetta più alta della Spagna. Arriviamo su abbastanza scaglionati, ma ci rimane comunque tutto il tempo per goderci il panorama, fare le diecimila foto di rito e stappare una simbolica bottiglia di Moscato. La vista è spettacolare: si vede tutta l'isola di Tenerife (o meglio, le parti che sbucano dal grande mare di nuvole sottostante), si vede l'oceano vicinissimo, le altre isole dell'arcipelago (La Palma, la Gomera e la Gran Canaria, forse Fuerteventura – le altre non emergevano dalle nuvole); aguzzando la vista magari si riuscirebbe anche a scorgere Madeira. Insomma, a dir poco emozionante: non avevo mai visto il mare da così in alto, e non ero mai stato su una montagna così isolata. Sembra davvero di essere in cima al mondo: assolutamente niente nel raggio di migliaia di chilometri arriva neanche lontanamente alle altezze del Teide.
Sarà lo spettacolo naturale che si stende tutto intorno a noi, sarà il cazzeggio che accompagna invariabilmente un gruppo di ventenni in qualunque luogo essi si trovino, il tempo passa molto velocemente e a 10 minuti dallo scadere del nostro permesso siamo ancora in vetta a guardarci intorno. La discesa si svolge quanto più rapidamente possibile, ma comunque arriviamo a la Rambleta con un bel po' di ritardo. Niente paura comunque: le guardie ci trascurano perchè sono intente a fare un mazzo memorabile (con tanto di multa) ad un gruppetto di turisti che, fregandosene dei divieti, è sceso nel cratere.
Dopo un po' di riposo giunge l'ora di decidere cosa fare nel resto del giorno, e tocca a me esporre le alternative. Visto che abbiamo due macchine possiamo dividerci: i coraggiosi possono scendere giù a piedi, i meno coraggiosi invece possono riprendere la funivia. Nonostante sia chiaro che alcuni non abbiano assolutamente voglia di farsi la camminata, alla fine tutti optano per la discesa a piedi: ci incamminiamo quindi su quello che avevo scelto come percorso di discesa, passante per il Pico Viejo e le Roques de Garcia.
Giunti al Mirador Pico Viejo (3500 m circa), splendido punto panoramico, arriva però una brutta sorpresa: da lì in avanti il sentiero è chiuso per una battuta di caccia al muflone. Poco male: c'è un'altra via (meno spettacolare ma più breve) per scendere, e il gigantesco cratere del Pico Viejo si vede benissimo anche da lì sopra.
Dopo un po' di riposo giunge l'ora di decidere cosa fare nel resto del giorno, e tocca a me esporre le alternative. Visto che abbiamo due macchine possiamo dividerci: i coraggiosi possono scendere giù a piedi, i meno coraggiosi invece possono riprendere la funivia. Nonostante sia chiaro che alcuni non abbiano assolutamente voglia di farsi la camminata, alla fine tutti optano per la discesa a piedi: ci incamminiamo quindi su quello che avevo scelto come percorso di discesa, passante per il Pico Viejo e le Roques de Garcia.
Giunti al Mirador Pico Viejo (3500 m circa), splendido punto panoramico, arriva però una brutta sorpresa: da lì in avanti il sentiero è chiuso per una battuta di caccia al muflone. Poco male: c'è un'altra via (meno spettacolare ma più breve) per scendere, e il gigantesco cratere del Pico Viejo si vede benissimo anche da lì sopra.
Al Mirador Pico Viejo mangiamo, poi ritorniamo lentamente a la Rambleta. Qui il gruppo si divide, in quanto tre di noi decidono alla fine di riprendere la funivia; i "coraggiosi" rimasti imboccano con sprezzo del pericolo il lungo sentiero che, dopo essere transitato dal Mirador de la Fortaleza, scende serpeggiando sul fianco sud-est del Teide. La prima parte si svolge tra colate laviche tormentatissime, e permette di transitare dal Refugio Altavista (3270 m); il rifugio non è gestito, ma è molto frequentato dagli escursionisti che percorrono i sentieri del Parco Nazionale, specialmente coloro che vogliono ammirare l'alba dal Teide.
Oltre il rifugio il sentiero si fa più ripido, e per un tratto corre su placconate rocciose, poi si abbassa in una valletta tra colate multicolori dove crescono i primi arbusti. Su un ripiano osserviamo le prime bombe di lava della giornata, davvero enormi.
La discesa è piuttosto lunga, e guida alla Montaňa Blanca (2748 m), una specie di spallone laterale del Teide che, nonostante il nome, è composto da rocce rossicce. Il paesaggio su questo spallone è davvero lunare, o meglio, marziano: sembra davvero di essere sul Pianeta Rosso. Forse non è un caso che il Teide sia stato prescelto per fare le prove con il Mars Rover. Anche qui enormi bombe di lava scure interrompono la regolarità dell'altopiano rossastro, mentre le tormentate colate del Teide lo lambiscono ai lati. Qui ho la mia consueta idea geniale giornaliera: i percorsi segnalati ufficiali proseguono da questo punto verso est, compiendo un giro di 5 km intorno alla Montaňa Blanca, e sbucando sulla strada asfaltata piuttosto lontano dalla stazione inferiore del Teleferico. Tuttavia, tempo addietro, avevo individuato su Google Maps un sentiero che tagliava dritto verso sud, puntando quasi direttamente alla stazione della funivia; questo sentiero non è segnalato da nessuna parte, ma sul terreno effettivamente esiste, e il suo imbocco è abbastanza evidente. Quindi, da buon capo-spedizione, convinco i miei amici a seguirmi su quel sentiero e li porto invariabilmente a perdersi (vedi IV Legge del Ravanage Relativistico: L'utilizzo di una scorciatoia determinerà un aumento del tempo di percorrenza inversamente proporzionale all'apparente diminuizione del percorso e il raddoppio secco della quantità di energia profusa).
In realtà la prima parte del sentiero è comoda ed evidente; man mano che si scende il terreno si fa più ripido e impervio, e il sentiero diventa man mano più incerto. Alla fine la traccia si perde completamente in una zona di colate di lava irregolari, per fortuna a poca distanza dalla strada. Destreggiandoci alla meglio tra roccioni, ghiaioni mobili, piccole vallette, pietraie e macchie di arbusti, riusciamo ad uscire abbastanza in fretta da quel labirinto vulcanico e sbuchiamo su un piccolo pianoro; la strada asfaltata è a poche decine di metri da noi, e ci riporta in una decina di minuti alla nostra auto. Nonostante le difficoltà di percorso, quest'ultima parte dell'itinerario ci ha riservato alcune piccole sorprese biologiche: abbiamo visto da vicino le lucertole di Tenerife (delle simpatiche bestiole che raggiungono volentieri il mezzo metro di lunghezza) e il mitico Echium wildpretii, strano vegetale endemico di Tenerife, purtroppo sfiorito perchè siamo ormai ad ottobre. Quando fiorisce è tutto rosso, noi ci accontentiamo di vederlo bianco.
Quindi, se quello che ho scritto prima non fosse stato convincente, lo ripeto ancora una volta: il Teide è l'attrattiva più spettacolare dell'isola di Tenerife, anzi, è l'isola di Tenerife, e per questo va assolutamente visitato. Penso che rimarrà molto a lungo in cima alla classifica dei luoghi più spettacolari in cui sono stato.
Playa de la Tejita e Montaňa Roja
Gita effettuata il 3 ottobre 2017
Difficoltà: T/E (affrontato imprudentemente in ciabatte)
Dislivello in salita: 170 m circa
Lunghezza percorso: 4 km
Difficoltà: T/E (affrontato imprudentemente in ciabatte)
Dislivello in salita: 170 m circa
Lunghezza percorso: 4 km
Causa postumi derivanti dalla sera precedente, passata in locali desolanti a Playa de las Americas, la mattina del 3 ottobre gran parte della truppa non è in condizioni operative. Io stesso sono conciato male: durante la notte il raffreddore con tosse che mi accompagnava ormai da diversi giorni si era trasformato in febbre alta, facendomi temere per il resto della vacanza. Un po' per miracolo, un po' per la tachipirina, la mattina la febbre è praticamente passata, ma siamo comunque tutti ridotti a ruderi, e per questo ci mettiamo dell'idea di andare da qualche parte solo dopo pranzo.
Meta della giornata è la Playa de la Tejita, scelta per due motivi: è effettivamente molto bella, e in secondo luogo è abbastanza vicino a Las Galletas, piccolo centro marinaro dove si trova un ristorante tipico molto buono. A Las Galletas mangeremo la sera, mentre tutto il pomeriggio lo passiamo alla spiaggia, un nastro dorato lungo quasi un chilometro, con acqua cristallina e poco profonda. La spiaggia è sovrastata ad est dalla Montaňa Roja (173 m), un caratteristico promontorio rossastro che è ciò che rimane di un piccolo cono vulcanico eroso dall'oceano; l'ambiente è pittoresco, sulla spiaggia c'è moltissimo spazio e il bagno è rilassante – l'unico piccolo inconveniente è il fortissimo vento che soffia da sud-est.
Ad un certo punto nel gruppo sorge l'idea di salire sulla Montaňa Roja, incredibilmente non da me: dopo aver comandato per tutta la gita al Teide preferisco starmene tranquillo e non proporre ardite imprese escursionistiche. Per fortuna, sembrano tutti abbastanza convinti ad andarci anche senza il solito rompiscatole (eccomi!) a spronarli, e perciò si parte. Non abbiamo dietro scarpe da camminata, quindi la ripida salita alla vetta della montagnola viene affrontata ignorantemente in ciabatte. Durante la salita sul ripido sentiero incontriamo una coppia di giovani italiani: lui vuole salire in cima, lei non ne ha voglia e bestemmia violentemente tirando giù la Santissima Trinità, la Madonna e tutti i Santi del Paradiso. Ovviamente, allo sbucare sul panoramicissimo crinale sommitale della montagnola, lei comincia a farsi una serie di selfie artistici, dimenticandosi automaticamente di avere rotto l'anima per tutta quella breve ma intensa salita – gente così sarebbe da buttare nell'oceano a pedate.
In pochi minuti siamo alla piccola cima della Montaňa Roja, da cui la vista è spettacolare. Il mare è a picco sotto di noi, 170 metri più in basso; ai lati si osservano le spiagge della Tejita e di El Medano, circondate dal caratteristico paesaggio semi-desertico del sud di Tenerife. Verso nord invece si innalza maestoso il grande edificio vulcanico del Teide; purtroppo c'è un po' di foschia, e la sagoma del Teide appare abbastanza sfuocata nonostante la vicinanza.
Anche questa mezza giornata è stata così riempita con una bella gita, con visita a luoghi molto pittoreschi. Come ciliegina sulla torta è poi arrivata la cena nel ristorante tipico di Las Galletas, dove abbiamo consumato quintali interi di paella.
Barranco del Infierno e Caleta de Adeje
Gite effettuate il 4 ottobre 2017
Difficoltà: T
Dislivello in salita: 100 m + 140 m
Lunghezza percorso: 6,5 km + 1,5 km
Difficoltà: T
Dislivello in salita: 100 m + 140 m
Lunghezza percorso: 6,5 km + 1,5 km
Il Barranco del Infierno è uno spettacolare canyon intagliato in rocce vulcaniche che si trova tra le montagne subito sopra al paese di Adeje. È una riserva naturale, ed è visitabile attraverso un facile sentiero perfettamente sistemato e percorribile da tutti; per accedere al sentiero bisogna pagare un biglietto (8€) e mostrare la carta d'identità. I gestori del parco che lavorano alla biglietteria sono gentilissimi e conoscono tutte le lingue, si assicurano che il visitatore abbia abbastanza acqua e calzature adatte, quindi lo muniscono di caschetto, perchè non si sa mai che qualche sasso caschi dalle pareti del canyon. L'ambiente appartato e lo spettacolo naturale sicuramente valgono il prezzo modico del biglietto.
La prima metà del percorso si svolge a mezza costa sul lato destro idrografico del vallone, già lievemente incassato ma ancora piuttosto aperto. Numerosi pannelli esplicativi in tre lingue fanno notare le diverse specie vegetali e animali che si possono incontrare nel Barranco. Più volte il sentiero incrocia la canaletta di un vecchio acquedotto: il Barranco del Infierno è uno dei pochi valloni di Tenerife che ospitano un corso d'acqua perenne, quindi da lì veniva raccolta l'acqua per Adeje e i paesi adiacenti.
Il sentierone taglia in piano, e lentamente si porta sul fondo del vallone. Inizia quindi la parte più spettacolare del Barranco: si prosegue sul fondovalle, accanto al torrentello che lo percorre, mentre le pareti si rinserrano, diventando altissime e verticali; da un certo punto in poi si cammina in un vero e proprio corridoio, con solo una striscia di cielo sopra alla testa. Accanto al torrentello il microclima umido fa sì che cresca una vegetazione rigogliosa, comprendente alcuni grossi castagni; proprio le castagne qui raccolte erano parte fondamentale dell'alimentazione ad Adeje fino a qualche tempo fa.
Il percorso poi termina alla Cascada, oltre la quale il canyon diventa impraticabile. La cascata, alta qualche decina di metri, si trova in un luogo veramente spettacolare, in cui le pareti sembrano chiudersi sopra alle nostre teste; un placido laghetto si trova alla sua base, e molti dei visitatori del Barranco si fermano lì a farsi fare le foto.
Sulla via del ritorno ce la prendiamo comoda, fermandoci anche in una piazzola a fare uno spuntino. Durante questa breve sosta veniamo assaliti dai giganteschi lucertoloni delle Canarie, che si avvicinano con fare minaccioso ai nostri zaini... saranno stati attirati dalle briciole della nostra brioche? In ogni caso, con sprezzo del pericolo finiamo la merenda e ritorniamo alla biglietteria; lì ci fermiamo a parlare con una gentilissima guida, che ci consiglia alcune spiaggette nei pressi della Caleta de Adeje. Decidiamo quindi di occupare il pomeriggio andando a visitare queste spiaggette; nel frattempo ci fermiamo a visitare Adeje, un paesino relativamente carino dove pranziamo.
Con un altro trasferimento in autobus arriviamo alla Caleta de Adeje, una piccola frazione posta appena fuori dall'area di palazzoni e scempi chiamata Costa Adeje. Già lì si trova una bella spiaggetta ma, fidandoci delle indicazioni della guida, andiamo alla ricerca delle calette che si trovano subito a nord. Attraversiamo il parcheggio, imbocchiamo una scalinata tra le case e ci ritroviamo all'imbocco del sentiero che segue la costa. All'inizio costeggiamo alcune pittoresche scogliere in cui si aprono incantevoli baiette.
Con un altro trasferimento in autobus arriviamo alla Caleta de Adeje, una piccola frazione posta appena fuori dall'area di palazzoni e scempi chiamata Costa Adeje. Già lì si trova una bella spiaggetta ma, fidandoci delle indicazioni della guida, andiamo alla ricerca delle calette che si trovano subito a nord. Attraversiamo il parcheggio, imbocchiamo una scalinata tra le case e ci ritroviamo all'imbocco del sentiero che segue la costa. All'inizio costeggiamo alcune pittoresche scogliere in cui si aprono incantevoli baiette.
La prima cala che incontriamo è Playa los Morteros, una spiaggia incantevole formata da ciottoli neri di grandi dimensioni. Sembra non esserci nessuno in giro: c'è una specie di accampamento tra i cespugli, ma ha l'aria di essere vuoto. Ammiriamo la spiaggia ma non ci fermiamo a fare il bagno: il mare è un po' mosso, e con dei ciottoli così grossi potrebbe essere pericoloso. Andiamo quindi alla ricerca della seconda spiaggia, che dovrebbe essere di sabbia fine.
Il sentiero scavalca un piccolo promontorio e si affaccia sulla seconda cala, Playa Diego Hernandez, composta da finissima sabbia chiara. Il luogo è forse meno appartato rispetto a Playa los Morteros, ma i palazzoni di Playa Paraiso che sono comparsi all'orizzonte sono ancora a distanza di sicurezza e l'acqua è bellissima. La spiaggia è popolata da un nutrito gruppo di hippie con tanto di bonghi, il che mi fa venire immediatamente in mente Parco Sempione di Elio e le Storie Tese. Ciò non ci impedisce di goderci il nostro pomeriggio di bagni: dopo tutto il bonghista era bravo a suonare, ed è andato avanti solo per cinque minuti scarsi.
Dopo qualche ora passata in spiaggia viene il momento di andarsene; abbiamo ancora un minimo di tempo, quindi andiamo a dare un'occhiata alla scogliera subito a nord. Lì, su uno spallone arrotondato, sono presenti curiosi disegni fatti con pietre; poco dopo incontriamo il simpatico e silenzioso autore che, senza dire una parola, accetta di farci qualche foto.
Pienamente soddisfatti torniamo indietro alla Caleta de Adeje; lì il resto della truppa ci aspetta con le auto per tornare un attimo all'aparthotel e poi andare a cenare a Playa Paraiso.
Masca
Gita effettuata il 5 ottobre 2017
Difficoltà: E/EE
Dislivello in discesa: 630 m
Lunghezza percorso: 7,5 km
Difficoltà: E/EE
Dislivello in discesa: 630 m
Lunghezza percorso: 7,5 km
Andare a Masca magari non sarà incredibile come andare in cima al Teide, ma la camminata che porta alla spiaggia omonima è ancora da annoverarsi nelle più spettacolari che io abbia mai fatto. Insieme al Teide, era una di quelle uscite che avevamo guardato (quasi) tutti insieme prima di partire, e quindi una di quelle che (quasi) tutti erano d'accordo a fare.
La parte nord-occidentale di Tenerife è quello che resta di un antichissimo vulcano a scudo, separato dall'edificio del Teide e ormai profondamente eroso. Oggi non rimane niente dell'originario cono vulcanico: al suo posto si trova un'area montuosa estremamente selvaggia e inaccessibile, chiamata Macizo de Teno. Le montagne di questo massiccio non sono particolarmente elevate (l'area sommitale supera di poco i 1300 metri), ma si trovano vicinissime al mare, e per questo formano una zona di costa rocciosa, altissima e inaccessibile. L'area costiera del Macizo de Teno è significativamente detta Los Gigantes, ed è costituita da gigantesche falesie verticali di colore scuro, alte da 400 a 700 metri; le stesse falesie che, da lontano, avevamo già visto il primo giorno. Queste falesie si abbassano solo in corrispondenza degli sbocchi delle incassatissime vallette costiere (barrancos); qui si trovano alcune incantevoli calette, raggiungibili solo a piedi o via mare: Playa Barranco Seco, Playa de Masca, Playa de la Galera, Playa Juan Lopez, Playa del Carrizal... Insomma, in un certo senso la filosofia è simile a quella dei territori supramontani della Sardegna, tanto più che barranco e còdula hanno esattamente lo stesso significato.
Di tutte, la Playa de Masca è la più frequentata, sia perchè è davvero stupenda, sia perchè il percorso di avvicinamento lungo il barranco omonimo è ben tenuto e relativamente facile, sia perchè proprio questo barranco è il più incassato e spettacolare dell'intera area di Los Gigantes. Ci vogliono 2.30 – 4 ore a percorrere tutto il barranco, a seconda di quanto si va veloci e quante soste si fanno; il percorso è comunque abbastanza agevole: ci sono solo alcuni brevi tratti in cui bisogna mettere un po' le mani per terra, altri tratti dove si cammina nell'alveo del torrente tra grandi massi, e un unico breve traverso lievemente esposto ma attrezzato con cavo metallico.
La parte nord-occidentale di Tenerife è quello che resta di un antichissimo vulcano a scudo, separato dall'edificio del Teide e ormai profondamente eroso. Oggi non rimane niente dell'originario cono vulcanico: al suo posto si trova un'area montuosa estremamente selvaggia e inaccessibile, chiamata Macizo de Teno. Le montagne di questo massiccio non sono particolarmente elevate (l'area sommitale supera di poco i 1300 metri), ma si trovano vicinissime al mare, e per questo formano una zona di costa rocciosa, altissima e inaccessibile. L'area costiera del Macizo de Teno è significativamente detta Los Gigantes, ed è costituita da gigantesche falesie verticali di colore scuro, alte da 400 a 700 metri; le stesse falesie che, da lontano, avevamo già visto il primo giorno. Queste falesie si abbassano solo in corrispondenza degli sbocchi delle incassatissime vallette costiere (barrancos); qui si trovano alcune incantevoli calette, raggiungibili solo a piedi o via mare: Playa Barranco Seco, Playa de Masca, Playa de la Galera, Playa Juan Lopez, Playa del Carrizal... Insomma, in un certo senso la filosofia è simile a quella dei territori supramontani della Sardegna, tanto più che barranco e còdula hanno esattamente lo stesso significato.
Di tutte, la Playa de Masca è la più frequentata, sia perchè è davvero stupenda, sia perchè il percorso di avvicinamento lungo il barranco omonimo è ben tenuto e relativamente facile, sia perchè proprio questo barranco è il più incassato e spettacolare dell'intera area di Los Gigantes. Ci vogliono 2.30 – 4 ore a percorrere tutto il barranco, a seconda di quanto si va veloci e quante soste si fanno; il percorso è comunque abbastanza agevole: ci sono solo alcuni brevi tratti in cui bisogna mettere un po' le mani per terra, altri tratti dove si cammina nell'alveo del torrente tra grandi massi, e un unico breve traverso lievemente esposto ma attrezzato con cavo metallico.
Masca è un piccolo paesino che si trova nel bel mezzo della parte più selvaggia del Macizo de Teno: le poche case sono appese ad un grosso sperone di roccia sulla testata del barranco omonimo, a 630 metri di quota tra enormi pareti rocciose. Non stupisce che fosse un antico covo di pirati, vista l'inaccessibilità del luogo e la distanza dai più vicini centri abitati. Ancora oggi raggiungerla non è uno scherzo: la stradina asfaltata parte da Santiago del Teide, scavalca il valico di Degollada del Cherfe (1063 m), poi precipita con innumerevoli stretti tornanti giù per valloni, crinali e ripidissimi versanti di rocce arbusti. Arriviamo a Masca più o meno alle 9 del mattino, quando il sole inizia a spuntare dietro ai torrioni rocciosi di Roque Tarucho; nonostante la ristrettezza degli spazi il parcheggio è abbastanza grande, e ci sono ancora numerosi posti liberi.
Dalla via principale del paese (che è anche l'unica via del paese) si diparte il percorso per la Playa de Masca. Stranamente ci sono alcuni cartelli minacciosi che avvertono che sia il sentiero che la spiaggia sono chiusi per frana; alla loro vista Chiara va in missione presso alcuni locali a chiedere se è vero, e questi si mettono a litigare tra di loro per decidere se la spiaggia è effettivamente chiusa o no. In realtà non c'è stata nessuna chiusura, è tutto normalmente aperto al pubblico, e lo capiamo dal gran numero di escursionisti che ci superano e imboccano il sentiero. Quindi, dopo aver abbandonato i locali al loro buffo quadretto, prendiamo anche noi il sentiero, che nel primo tratto scende ripido verso il fondovalle tra palme e arbusti. Incontriamo presto un altro cartello, che vieta categoricamente di dare da mangiare ai gatti perchè rischiano di diventare feroci predatori (??).
La prima parte del Barranco de Masca è ancora relativamente aperta e poco profonda, e il sentiero rimane abbastanza comodo qualche metro più in alto rispetto al letto del torrente. Ogni tanto là sotto scorre dell'acqua, e qua e là ci sono piccoli guadi, ma per la maggior parte del percorso il canyon si presenta completamente in secca.
Man mano che si va avanti la valle si trasforma in un vero canyon dalle pareti rocciose inaccessibili, al che il sentiero si innesta nell'alveo asciutto del torrente e lo percorre, seguendone le ampie anse. È questa la parte più lunga e spettacolare della camminata: le pareti circostanti, alte fino a 900 metri, sembrano chiudersi sopra le teste di chi cammina; archi di roccia, pinnacoli staccati, grandi dicchi in rilievo e strani incavi le movimentano. La sensazione che si ha nel percorrere l'incredibile canyon è indescrivibile, quindi lascerò parlare le foto; magari loro riescono ad avvicinarsi a quella che è la severa bellezza del luogo.
Nel tratto finale i raggi del sole iniziano a fare capolino tra le pareti, e finalmente usciamo dall'ombra che ci ha accompagnato per tutta la gita fino ad ora. Il fondo si allarga e assume un andamento rettilineo, mentre sullo sfondo appare il mare ormai vicino. In questo ultimo tratto incontriamo anche uno di quei ferocissimi gatti contro cui il cartello a Masca ci aveva messo in guardia. Probabilmente stava solo facendo finta di sonnecchiare lì tra i sassi e gli arbusti.
Alla fine ecco apparire davanti a noi, quasi improvvisamente, la Playa de Masca. Veniamo immediatamente aggrediti da alcuni tipi seduti ad un banchetto, che ci urlano "tickets! tickets!" e ci consigliano (o meglio, obbligano) di comprare subito i biglietti per il ritorno in barca, perchè dopo non si sa mai che vengano esauriti. Noi diciamo loro che non sappiamo ancora per che orario vogliamo tornare, al che la tipa (che aveva l'aria di essere il boss di quella sgangherata compagnia) ci rassicura che penserà a tutto lei, noi dovremo solo presentarci 15 minuti prima dell'orario che sceglieremo. Quindi, dotati di biglietti, arriviamo finalmente in riva al mare: a destra la spiaggia è di grossi blocchi, e lì si trova il moletto per l'attracco delle barche, mentre a sinistra, a poche decine di metri di distanza, si trova la spiaggia sabbiosa, sovrastata da una falesia alta più di 700 metri. Il luogo è mozzafiato, e il bagno ristoratore nell'oceano può accompagnare solo.
Per il ritorno prendiamo quindi la barca di "linea". Probabilmente è tutto abusivo o quasi, ma il servizio è ben fatto: ci sono numerose barche, più o meno a tutte le ore (più di quanto dica il cartello "ufficiale" al banchetto dei biglietti) che fanno avanti e indietro tra Playa de Masca e Puerto de los Gigantes. Da lì, poi, un servizio taxi riporta comodamente al paesino di Masca. Il viaggio in barca è spettacolare quanto la camminata del canyon: permette di osservare dal mare le impressionanti falesie di los Gigantes e alcune delle inaccessibili calette che caratterizzano la costa. In altre parole, è raccomandato quasi quanto la camminata, e inoltre serve anche per riposare un po' le gambe.
Insomma, in conclusione è stata una giornata assolutamente emozionante, che in qualche modo mi ha lasciato il desiderio di esplorare altri canyon nel Macizo de Teno... chissà, magari se un giorno tornerò a Tenerife...
Paisaje Lunar e Playa de las Teresitas
Gita effettuata il 6 ottobre 2017
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 300 m circa
Lunghezza percorso: 9 km
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 300 m circa
Lunghezza percorso: 9 km
Ultimo giorno a Tenerife. Su spinta principalmente di Ema e Chiara optiamo per la visita del Paisaje Lunar, un curioso sito geomorfologico che si trova nel Parco Naturale della Corona Forestal, sul versante sud dell'isola a poco meno di 2000 metri di quota. Non tutti: le altre tre ragazze mettono in chiaro fin da subito che andranno direttamente a Playa de las Teresitas, e ci aspetteranno là. Noi promettiamo che arriveremo per pranzo.
Il Paisaje Lunar è più o meno l'equivalente delle nostre "piramidi di terra", solo che è stato modellato quasi esclusivamente dall'erosione eolica, e non c'è un masso sommitale a proteggere i vari pinnacoli, ma piuttosto uno straterello di cenere vulcanica consolidata un po' più resistente al degrado. Il sito è abbastanza spettacolare, e si trova immerso nella Corona Forestal, la foresta di pini che avvolge ad anello tutti i versanti del Teide, a quote che vanno dai 1000 ai 2000 metri. Un paesaggio molto suggestivo, selvaggio ma forse più vicino alla montagna a cui siamo abituati noi: mi ha ricordato vagamente alcuni scorci delle pinete sui massicci ofiolitici dell'Appennino Ligure. Forse mi sarebbe piaciuto avere più tempo per visitare altri settori della Corona Forestal, ma è andata così.
Il Paisaje Lunar è più o meno l'equivalente delle nostre "piramidi di terra", solo che è stato modellato quasi esclusivamente dall'erosione eolica, e non c'è un masso sommitale a proteggere i vari pinnacoli, ma piuttosto uno straterello di cenere vulcanica consolidata un po' più resistente al degrado. Il sito è abbastanza spettacolare, e si trova immerso nella Corona Forestal, la foresta di pini che avvolge ad anello tutti i versanti del Teide, a quote che vanno dai 1000 ai 2000 metri. Un paesaggio molto suggestivo, selvaggio ma forse più vicino alla montagna a cui siamo abituati noi: mi ha ricordato vagamente alcuni scorci delle pinete sui massicci ofiolitici dell'Appennino Ligure. Forse mi sarebbe piaciuto avere più tempo per visitare altri settori della Corona Forestal, ma è andata così.
Quindi partiamo abbastanza presto e seguiamo le rampe della strada asfaltata che porta a Vilaflor, paese posto all'ingresso della Corona Forestal. Poco dopo Vilaflor, presso un tornante della strada che continua verso il Teide, si diparte a destra una sterrata, che seguiamo in auto fino all'imbocco del sentiero per il Paisaje Lunar. Occorre informarsi prima su quale sia la strada giusta e, soprattutto, su quale sia il punto giusto in cui fermarsi, perchè non c'è nessuna indicazione; non è molto complicato comunque, l'imbocco del sentiero è segnato anche su Google Maps, quindi basta cercare lì.
Imbocchiamo quindi il sentiero, ben segnalato, ottimamente tenuto e assolutamente non faticoso, nell'ambiente rilassante della Corona Forestal.
Imbocchiamo quindi il sentiero, ben segnalato, ottimamente tenuto e assolutamente non faticoso, nell'ambiente rilassante della Corona Forestal.
Salendo dolcemente tra i pini si arriva ad una prima strana forma erosiva multicolore, che in qualche modo preannuncia cosa si vedrà al Paisaje Lunar.
Dopo un'oretta di cammino, ecco davanti a noi il Paisaje Lunar! Abbandoniamo il sentiero principale per avvicinarci alle piramidi di roccia. L'ambiente è proprio bello e la temperatura è ottimale; se potessimo staremmo lì tutto il giorno, a gironzolare tra le curiose forme rocciose.
Continuiamo lungo un sentiero segnalato che, purtroppo, ci porta abbastanza distante da dove avevamo lasciato l'auto; troppo tardi ci siamo accorti dell'errore. Poco male: abbiamo solo dovuto accelerare un po' per rispettare la nostra tabella di marcia. Inoltre, con questo giro imprevisto, abbiamo scoperto l'esistenza del Campamento Madre del Agua, un campeggio completamente nascosto nella foresta, immerso nella natura. Nel passare tra gli alberi e le capanne in legno sono nati in noi irrealizzabili progetti di ritornare in quel campeggio per monumentali grigliate.
Tra una cosa e l'altra arriviamo all'auto con un po' di ritardo, e ci mettiamo in moto per Playa de las Teresitas; il fatto che questa spiaggia sia esattamente dall'altra parte dell'isola non aiuta, e ci arriviamo alle 2 passate. Playa de las Teresitas si trova nel nord-est dell'isola, accanto a Santa Cruz, ed è abbastanza nota per essere formata da sabbia prelevata dal deserto del Sahara e spalmata sulla costa rocciosa di questa parte di Tenerife. Eppure, sarò io, ma la sabbia del Sahara mi piacerebbe vederla nel suo ambiente naturale (il Sahara appunto), non in una spiaggia di Tenerife. La spiaggia è tenuta bene, la sabbia ha un bel colore e l'acqua è abbastanza pulita, però tutto risente di una certa artificialità.
E con questo si conclude il mio emozionante racconto sulle nostre mirabolanti avventure a Tenerife. Spero che non sia venuto troppo noioso; in ogni caso, se le parole falliscono, guardate solo le foto e fatevi trasportare in quei luoghi unici e magici che caratterizzano questa isola.
E con questo si conclude il mio emozionante racconto sulle nostre mirabolanti avventure a Tenerife. Spero che non sia venuto troppo noioso; in ogni caso, se le parole falliscono, guardate solo le foto e fatevi trasportare in quei luoghi unici e magici che caratterizzano questa isola.
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